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KARLOVY VARY 2022 Concorso

Recensione: A Room of My Own

di 

- Il film di Ioseb "Soso" Bliadze dimostra che i drammi più grandi avvengono sempre nei luoghi più piccoli

Recensione: A Room of My Own
Taki Mumladze e Mariam Khundadze in A Room of My Own

Il regista georgiano Ioseb “Soso” Bliadze è talmente veloce nel suo lavoro che è già di ritorno a Karlovy Vary (questa volta in corsa per il Globo di Cristallo) appena un anno dopo avervi presentato Otar’s Death [+leggi anche:
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. Ma il suo nuovo film, A Room of My Own [+leggi anche:
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, sebbene su scala più microscopica, non sembra realizzato in modo sbrigativo. È una visione gentile della solitudine, dell'abuso, dell'attrazione e di una società che ancora dà più peso alla parola di un uomo rispetto a quella di una donna. Come tutte le società, in realtà.

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Tina (Taki Mumladze) sembra timida e introversa, ma è determinata a dare una svolta alla sua vita. Non ha mai avuto un lavoro, non ha mai vissuto da sola, ma in questo momento tutto ciò di cui ha bisogno è una coinquilina. Siamo nel mezzo della pandemia, quindi Megi (Mariam Khundadze) non può permettersi di fare troppo la difficile, anche se Tina dice che ha bisogno di un posto dove stare solo per un breve periodo. A quanto pare, il suo ragazzo è già pronto per portarla nella sua nuova casa, ma Tina non può fare a meno di rimanere incuriosita da Megi, una giovane donna indipendente, fumatrice accanita e che non deve rendere conto a nessuno.

Inserzione pericolosa è il primo riferimento che viene in mente – con la sua violenza a prova di stiletto – ma non è quel tipo di storia. A differenza di tanti registi che assumono il punto di vista femminile perché è quello che ci si aspetta di questi tempi, Bliadze chiede l'aiuto di Mumladze, che interpreta Tina e co-firma la sceneggiatura. Racconta questa storia con lei, in un certo senso. È importante perché quando il film prende una svolta in un territorio più sessuale, è sia in qualche modo scioccante che comprensibile. Dopotutto, Tina è ora in una fase di ricerca attiva.

Ci sono molti argomenti da trattare qui, la maggior parte piuttosto pesanti, ma tutte queste questioni sono appena accennate; anche la scoperta più importante, ossia il vero motivo che ha portato Tina a fare le valigie e ad andarsene, lasciandosi alle spalle il suo matrimonio e la sua famiglia, è raccontata con calma, con un sorriso imbarazzato e un senso di vergogna, perché quando continui a sentirti dire che è sempre colpa tua, inizi a crederci anche tu.

Il problema è che Tina continua a concentrarsi sugli altri, invece che su se stessa (probabilmente perché le risulta più facile così). Ogni volta che bacia o abbraccia qualcuno, lo fa in modo disperato e ansioso. Ma a questo punto, la vicinanza, o anche il piacere, non bastano. Deve prima fare le cose sul serio, costruirsi una vita, da zero; come diceva Virginia Woolf: "Una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi". O semplicemente esistere, senza preoccuparsi di fare qualcosa di "sbagliato" e che qualcuno ti porti via tutto.

Girato durante la pandemia, il film di Bliadze in realtà non aveva bisogno di questo background, anche se i casi di vittime di abusi domestici tenute in ostaggio nelle loro stesse case durante il lockdown aleggiano su tutto il film. Ci parla un po’ di politica e di infinite feste alcoliche, ma ogni volta che Mumladze e Khundadze condividono lo schermo (pare siano amiche nella vita reale), tutto sembra prendere vita. Questo è un film sorprendentemente commovente e ben diretto. Ora, vengano i premi.

A Room of My Own è prodotto da Maisis Peri (Georgia) e Color of May (Germania).

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(Tradotto dall'inglese)

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