email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2022 Forum

Recensione: L’état et moi

di 

- BERLINALE 2022: Max Linz si confronta con il sistema giuridico tedesco nella sua satira a tratti pungente sul diritto penale

Recensione: L’état et moi

"Il rosso è un bel colore", canta a un certo punto la protagonista,  in un doppio ruolo, Sophie Rois. Il rosso è tutto ciò che resta dell’idea, un tempo idealistica, di "liberté, egalité, fraternité", almeno sulla sponda tedesca del Reno. Nel suo ultimo lungometraggio L’état et moi [+leggi anche:
trailer
intervista: Max Linz
scheda film
]
, presentato in anteprima nella sezione Forum della Berlinale, il regista Max Linz punta gli occhi sul diritto penale tedesco, sull'abuso della norma sull'alto tradimento di cui al paragrafo 81 e sull'ipocrisia di una società autoproclamatasi tollerante e illuminata.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Nel quartiere berlinese di Mitte è successo qualcosa di straordinario. Il compositore (immaginario) Hans List (Rois), un sostituto musicale di Victor Hugo, è improvvisamente riapparso dopo essere scomparso nel 1871. Come mostra un primo flashback, quello stesso anno il Primo Ministro della Prussia Otto von Bismarck aveva approvato la nuova legge sul crimine e l'imperatore di Prussia, Guglielmo I, temeva che le proteste parigine raggiungessero la Germania. List, che viveva nella comune parigino, fu etichettato come fuorilegge e minacciato di essere arrestato. Ma pensare che sia sfuggito alla condanna riapparendo improvvisamente nella Berlino moderna sarebbe troppo idealistico. Poco è cambiato, ci vuole dire Linz. Nuovi volti, stessi principi.

List si mette immediatamente nei guai, poiché accidentalmente dà fuoco a una bandiera tedesca, un atto considerato un affronto terroristico contro lo Stato. Viene messo di fronte alla giudice Josephine Praetorius Camusot (sempre Rois), la cui somiglianza con List è inquietante. Questo ovviamente giocherà un ruolo in qualche modo prevedibile in seguito. Ma per ora, la giudice vede poche ragioni per mettere List in prigione per diversi anni, come le consentirebbe il paragrafo 81. L'accusa ha un disperato bisogno di raggiungere un certo numero di condanne, spiega al giovane avvocato Yushi Lewis (Jeremy Mockridge).

E potrebbe avere ragione. Provenienti da una lunga storia di pensiero assolutista e repressione dei diritti civili, non è un caso che il pubblico ministero (Hauke Heumann) e l'ufficiale di polizia (Bernhard Schütz) condividano lo stesso attore rispettivamente dell'imperatore Guglielmo I e di Otto von Bismarck. Per il ministro della Giustizia Leonhardt (Bernd Moss), Linz non si è nemmeno preso la briga di creare una nuova identità, più o meno la stessa dal 1871. Dopo essere sfuggito al suo primo atto d'accusa, List va a vivere in una comune in un parco vicino al teatro dell’opera di Stato. Tuttavia i problemi continuano a perseguitarlo, sia attraverso incidenti stradali che nelle serate musicali. I rappresentanti dello Stato ne sono sicuri: List è un futuro terrorista e comunista, che prevede un divertente gioco sulle parole tedesche "Komponist" (compositore) e "Kommunist" (comunista).

La semplicità ottenuta con la riduzione dell'illuminazione e del movimento della videocamera danno la sensazione che il film non si svolga sul posto, ma su un palcoscenico arredato in modo molto elaborato. La sceneggiatura, tuttavia, trae ancora i suoi momenti più forti, la sua satira più acuta, dall'assurdità e dall'ipocrisia dei suoi protagonisti. Gli organi statali si preoccupano di come addebitare a List il prossimo possibile crimine e sono allo stesso tempo orgogliosi possessori dei biglietti per uno spettacolo della sua opera ritrovata "I miserabili", una proletaria rivendicazione dei diritti civili. "L'arte è un segnaposto per la politica", si lamenta il pubblico ministero, strizzando un po' troppo l'occhiolino al pubblico.

Laddove Linz non riesce, tuttavia, è nel suo sforzo di aggiungere altro umorismo e in alcuni casi goffaggine ai suoi personaggi. La sceneggiatura e le performance attoriali sarebbero più intense se il pubblico non dovesse sopportare scene come un organo statale che ha rapporti forzati con un civile perché sappiamo tutti cosa fa lo stato con la sua gente. Anche con una produzione così ridotta, a volte meno è di più.

L’état et moi è prodotto da Schramm Film Koerner & Weber.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy