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PRODUZIONE / FINANZIAMENTI Svizzera

Supertempo di Daniel Kemény è in fase di post-produzione

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- Il secondo film (un mediometraggio di cinquanta minuti) del regista svizzero nasce con la pandemia senza lasciare però che questa ne diventi la protagonista

Supertempo di Daniel Kemény è in fase di post-produzione

Supertempo (il cui titolo provvisorio era I coroneri) è l’ultima fatica di Daniel Kemény, regista svizzero d’origine italiana conosciuto soprattutto grazie al suo primo documentario sòne [+leggi anche:
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che ha ricevuto la menzione speciale nel concorso Opera Prima delle Giornate di Soletta 2021 ed è stato presentato in prima mondiale al prestigioso festival Visions du réel 2020. Il progetto, di cui il regista sta finalizzato il montaggio, è prodotto, come il suo predecessore, da Michela Pini della ticinese Cinedokké.

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Nato con la pandemia, sorta di risultato inatteso di un esperimento sociologico forzato dai toni distopici, Supertempo mette sotto la luce dei riflettori una coppia, formata dal regista stesso e dalla sua compagna Laura (Marzi). Molto lontani dall’incarnazione della classica coppia eterosessuale da cartolina che sfocia nella caricatura, i due si dibattono fra il bisogno vitale di libertà che li ha sempre contraddistinti e la sensazione di essere sopraffatti da un’intimità forzata che li logora inesorabilmente.

Senza voler parlare direttamente della pandemia ma utilizzandola piuttosto come sfondo, come dato aleatorio inoculato nel cuore di una relazione sentimentale che sembrava aver trovato il proprio equilibrio, il film si assume il compito di rendere conto di una realtà in costante mutamento, fragile ed estremamente intima. Daniel Kemény e la sua compagna si espongono in prima persone, sorta di cavie alle prese con una situazione di emergenza estrema. La cinepresa diventa allora “testimone di una coppia nel suo quotidiano”, per riprendere le parole del regista, un quotidiano allo stesso tempo banale e incredibilmente intimo che mette in luce le contraddizioni inerenti al vivere insieme, al confrontarsi con lo “standard” di ciò che una coppia dovrebbe essere.

Adepto dell’ipermobilità che gli ha sempre permesso di vivere numerose vite in parallelo scegliendo liberamente in quale realtà evolvere secondo le necessità del momento, Daniel Kemény si ritrova dall’oggi al domani completamente privato della sua intima natura: “gli ingranaggi della mia vita si sono improvvisamente incastrati” ammette senza falsi. Una condizione che si ritrova ad affrontare con Laura, con la quale da alcuni anni ha una relazione, anche lei per molto tempo ipermobile ma che ora vive stabilmente a Roma.

Dal primo lockdown italiano, nel marzo del 2020, fino a maggio 2020, i protagonisti del documentario si mettono (metaforicamente) a nudo davanti alla cinepresa (controllata da Daniel) che oltre alla loro vita di coppia capta anche una Roma allo stesso tempo spettrale e sublime e un mondo esteriore che si manifesta solo attraverso piccoli e quasi impercettibili scorci: le poche parole scambiate col vicino di casa, le telefonate e le infinite videoconferenze. La domanda che Daniel e Laura si pongono allora è cosa li unisce veramente. Al di là dello spettro della pandemia che ha caratterizzato (e stravolto) una moltitudine di progetti, è “l’intimità e l’esplorazione totale dei loro sentimenti e stati d’animo” che il film privilegia a distinguerlo, secondo i loro fautori, da tutti gli altri.

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