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FILM / RECENSIONI Polonia

Recensione: Judges Under Pressure

di 

- Kacper Lisowski guarda con rabbia alla crisi giudiziaria in Polonia e ogni tanto farfuglia, ma di certo non si trattiene

Recensione: Judges Under Pressure

Il film d'apertura di WatchDocs, Judges Under Pressure [+leggi anche:
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scheda film
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di Kacper Lisowski, presentato in anteprima all'IDFA appena un mese fa, è un film imperfetto e, comprensibilmente, è una reazione emotiva a ciò che sta accadendo in Polonia - dove il governo sembra fare del suo meglio per minare l'indipendenza della magistratura - piuttosto che una misurata interpretazione degli eventi che si sono verificati. Una volta che ha preso ritmo - e decide di non spiegare tutto nei particolari - scorre via facilmente, aiutato moltissimo da una colonna sonora energica e toccante che gli conferisce un'atmosfera più maliziosa di quella che ci si aspetterebbe.

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Quando la cantante Maria Peszek afferma in Sorry Polsko (Scusa Polonia) - una canzone presente nel film - che non darebbe al suo Paese nemmeno una goccia di sangue, non c'è bisogno di chiedersi cosa intende. Negli ultimi anni, dopo la sterzata verso il populismo di destra, la Polonia ha fatto notizia con terrificante regolarità. La minaccia al suo stato di diritto, proprio come il divieto quasi totale dell'aborto, ha portato a proteste di massa e Judges Under Pressure è, prevedibilmente, una storia unilaterale, praticamente in qualsiasi scena in cui compare il partito al potere Diritto e giustizia o i loro sostenitori, questi vengono dipinti come idioti, cattivi o entrambe le cose. Il che si aggiunge alla sensazione generale che questo sia un film arrabbiato, su persone arrabbiate, a pochi secondi dal ripetere quel ritornello immortale urlato da Howard Beale in Quinto potere di Sidney Lumet anni fa.

È certo che questo doc venga compreso meglio in Polonia, ma di fronte a un argomento così complesso, Lisowski fa quello che deve essere fatto: segue dei protagonisti che risultano molto coinvolgenti. Persone come il giudice Igor Tuleya sono semplicemente divertenti da guardare, per non dire altro. Un fascio di nervi dipendenti dalla nicotina come alcuni dipendono dall'aria, eppure sempre pronto a parlare, dimostra che qualsiasi accenno alla ”aristocrazia giudiziaria", come alcuni politici amano ripetere nel film, è inutile. Sono tutte persone abbastanza normali, improvvisamente incapaci di svolgere il proprio lavoro e portate alla follia dalla burocrazia, dagli attacchi online (alcuni presumibilmente ideati dallo stesso Ministero della Giustizia) e dal costante timore che potrebbero non essere in grado di provvedere alle proprie famiglie. "Si trascina, indipendentemente dalle accuse", dice qualcuno. Poi di nuovo, ogni volta che qualcuno menziona Il Processo di Kafka, sai già che le cose vanno male.

L'idea di chiedere ad alcuni dei giovani manifestanti a cosa serva, secondo loro, la legge, non funziona per niente – con risposte come “proteggere chi ha bisogno di protezione e sostegno” e “ascoltare chi non ha voce”. Sembra un compitino scolastico. Ci sono anche citazioni di Montesquieu e Atticus Finch, ma non c'è bisogno di tali abbellimenti, non quando l'attuale presidente sostiene apertamente che "il nostro sistema giudiziario deve essere riparato" e i suoi sostenitori procedono cantando il suo nome, Andrzej Duda, come l’"Hallelujah" di Leonard Cohen. Il che, francamente, deve essere visto per essere creduto, quindi andate su YouTube.

È quasi strano che si debba "umanizzare" i giudici per far sì che le persone empatizzino, per sentirle dire che non sono "cyborg" e provano emozioni e sentimenti. Ma è vero che c'è sempre stato qualcosa di nascosto nella loro occupazione, nelle loro vesti nere e nel loro potere. Vederli interagire con i comuni mortali, anche ai festival rock, o anche chiedere aiuto, è strano – ma chiaramentequesta è la strada da percorrere. Il film di Lisowski segue questa strada, avvicinandosi il più possibile e prestando più attenzione alle loro lotte individuali rispetto a fatti e cifre.

Judges Under Pressure, scritto da Iwona Harris e Kacper Lisowski, è stato prodotto dalla polacca Lollipop Films, che si occupa anche delle vendite mondiali.

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(Tradotto dall'inglese)

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