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TORONTO 2021 Discovery

Recensione: The Game

di 

- Una visione fresca, e talvolta ottimistica, della crisi globale dei rifugiati, dalla regista esordiente serbo-americana Ana Lazarevic

Recensione: The Game
Branislav Trifunović e Yousef Al Khaled in The Game

The Game [+leggi anche:
intervista: Ana Lazarevic
scheda film
]
inizia con dei titoli introduttivi che delineano le regole, per quanto tali, di questo gioco particolare: quella migrazione attraverso i Balcani dalle zone di conflitto mediorientali è definita da coloro che ne sono coinvolti come un "gioco", con strategie e risultati variabili, e non semplicemente un duro calvario che non implica alcun libero arbitrio. Anche i personaggi del film, in particolare quelli maschili, non riescono a distogliere lo sguardo da un altro gioco: il calcio europeo di alto livello. Come recita il cliché di questo sport, la palla è rotonda, e si gioca 11 contro 11 – in altre parole: si tratta di una gara leale, senza alcun risultato prestabilito. Il primo lungometraggio della regista serbo-americana Ana Lazarevic, presentato in anteprima la scorsa settimana nella sezione Discovery del Toronto International Film Festival, trasmette parte di questo atteggiamento nei confronti di una crisi globale spesso intesa in modo più rigido e fatalista.

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È anche un film, in un senso più velato, sulla globalizzazione. I ragazzi coinvolti (in fuga, in questo caso, dall'Iran e dallo Yemen) desiderano le stesse cose che qualsiasi giovane che cresce potrebbe desiderare oggi. Questo si riflette nel fatto che perseguono l'amore e le feste, sì, ma anche l’interesse per il calcio, e con l'accompagnamento di una colonna sonora di reggaeton in lingua spagnola, ormai onnipresente negli altoparlanti dei telefoni (purtroppo, Lazarevic cade nella trappola che affligge molti registi, quella di renderli irrealisticamente talentuosi nel loro hobby - in questo caso, il rapper freestyle). A rischio di sentimentalismo, molto cinema recente su questo tema mostra i suoi soggetti che si accontentano solo di "sopravvivere", mentre, in questo caso, devono vivere.

Il periglioso viaggio attraverso l'Europa dell'Est è guidato da un altro personaggio, il cui arco narrativo fa da sfondo al tema principale del film. Strahinja (Branislav Trifunović, uno dei pochi attori professionisti di The Game) è un uomo trasandato di mezza età che vive una vita precaria a Belgrado, sonnambulo. Ha un figlio piccolo con la moglie, da cui si è ormai separato e, nel corso della storia, è ambiguo se la sua carriera nel mercato nero come trafficante di rifugiati sia fatta per benevolenza, o se sia più che altro per compensare i suoi numerosi debiti di gioco (sui risultati calcistici - i giocatori intelligenti si affidano alle carte). Il suo ultimo lavoro, il traghettamento di Yousef (Yousef Al Khaled, un non professionista, come tutti i personaggi nel ruolo dei rifugiati) e di suo fratello minore Hamed (Hamed Hamoudi), occupa la maggior parte della sceneggiatura di Lazarevic, e il tono del film, pur essendo inizialmente incerto, vira verso luoghi sorprendenti.

Un incidente inaspettato costringe Strahinja a trascorrere più giorni del previsto con la persona che trasporta, con l'aggiunta di altri due giovani (anche se questo comporta un compenso più alto per il disturbo); l'atmosfera si sposta nel regno di una serata cinema improvvisata, con il contrabbandiere che diventa un’indulgente figura di padre surrogato per quattro ragazzi difficili ma vivaci. È onestamente sorprendente che un lavoro su questo tema sfugga al miserabilismo previsto; è allo stesso tempo più vicino alla probabile realtà – la noia mista a occasionali momenti di allegria – di questa circostanza, che al pericolo e al trauma a cui siamo stati esposti. La stessa procedura di ricerca di Lazarevic per il film riflette questo aspetto, concludendosi con molti dei rifugiati da lei seguiti che hanno trovato asilo in paesi prosperi dell'Europa occidentale come la Germania e la Svezia.

La regia potrebbe avere un’impronta utilitaristica, con la performance e il personaggio al primo posto, mentre l'estetica e il puro realismo sono una priorità meno impellente. Ma se si guarda al di là dei difetti, si scopre un’opera che dà forza ai giocatori e ai compagni di squadra che spiccano in quello che considerano un "gioco" di sopravvivenza, ma che per il bene dell'umanità dovrebbe essere una pura formalità.

The Game è una coproduzione tra Serbia e Stati Uniti, guidata da Ana Lazarevic e Pavle Stevanovic per NiKrivaNiDuzna e 24th of March.

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(Tradotto dall'inglese da Rachele Manna)

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