email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

AJB DOC 2021

Recensione: Wait for Me

di 

- Damir Markovina studia le dinamiche, le relazioni e le emozioni all'interno della sua famiglia nel suo documentario di debutto

Recensione: Wait for Me

Le dinamiche familiari sono di solito difficili da gestire e talvolta sono ancora più difficili da sopportare. Ciò è ulteriormente amplificato se i membri della famiglia sono separati da una distanza fisica di centinaia di chilometri e dai confini di Stato. Questo è lo scenario in cui si inserisce il documentario d'esordio Wait for Me, dell'attore teatrale, televisivo e cinematografico croato Damir Markovina.

Il film è stato presentato in anteprima all'inizio di quest'anno a ZagrebDOX, mentre la sua recente proiezione al concorso di AJB DOC (dove ha ottenuto il Main Award – leggi la news) ha segnato la sua prima a livello internazionale. La sua durata media (42 minuti) e la sua etichetta di film per studenti (l'Accademia d’arte drammatica di Zagabria è uno dei produttori e Markovina sta frequentando un master in regia di documentari) potrebbero renderlo difficile da vendere in tutto il mondo. Tuttavia, non dovrebbe sorprendere una certa esposizione ai festival cinematografici nei Balcani, mentre il fatto che abbia gareggiato all'AJB DOC ne garantisce la distribuzione televisiva sul canale televisivo Al Jazeera Balkans.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

La famiglia protagonista è quella di Markovina. Il regista apre il film con un’inquadratura statica attraverso il telaio di una porta all'interno di un appartamento d’epoca socialista, che osserva una donna anziana che cammina lentamente. È il suo appartamento e sicuramente ha qualche problema di salute. L'inquadratura successiva è quella di un'auto: i genitori di Markovina, Zina e Roko, vengono accompagnati in un viaggio da Zagabria a Belgrado dallo stesso Markovina. L'atmosfera è leggermente tesa e la discussione obbligata sui documenti necessari per il valico di frontiera lo evidenzia.

Una volta che la famiglia arriva a destinazione, ci rendiamo conto che l'anziana donna è la madre di Zina, Šefika, che non è nelle migliori condizioni di salute (si discute della sua tosse e di demenza senile, e afferma persino di aver perso la voglia di vivere e che non le importerebbe di morire), e che le visite di Zina e Roko sono una sorta di rituale di famiglia. L'atmosfera non è piacevole e ci sono continui battibecchi, sia tra Zina e Šefika che tra Zina e Roko. Tutto culmina verso la fine in una scena catartica, con Zina che fa un monologo a Damir e alla sua macchina da presa, in cui confessa tutte le sue debolezze, che ne ha abbastanza di vivere una vita nomade tra cinque luoghi in tre diversi Paesi, che sta anche invecchiando ed è quindi stanca, e che vive nella paura di perdere sua madre. Il titolo del film è un rituale d'addio che le due donne condividono.

Nonostante la situazione sia una sorta di modello per i documentari contemporanei che escono dall'Accademia d’arte drammatica di Zagabria, sembra del tutto genuina grazie all'impegno ben misurato di Markovina, sia come osservatore delle dinamiche tra le due generazioni di anziani che come partecipante attivo ad esse. Non ha paura di essere presente davanti alla macchina da presa, come soggetto e non come attore, e il dilemma etico che si trova ad affrontare, a cavallo tra il tramandare gli archetipi dei suoi genitori e lo sfruttarli o denunciarli, si risolve a favore del primo.

Dal momento che Markovina si è occupato personalmente delle riprese e della registrazione del suono, i risultati tecnici sono pressoché discreti, ma questa era l'unica opzione al fine di evitare un senso di intrusione nella vita privata delle persone. Per creare l'illusione di un tempo cinematografico più compatto, Markovina si affida al montaggio preciso di Elena Radošević, rendendo Wait for Me un'esperienza documentaristica coinvolgente e forte dal punto di vista emotivo.

Wait for Me è una produzione croata della compagnia di Markovina, Osoba D, e dell'Accademia d’arte drammatica di Zagabria.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese da Rachele Manna)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy