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VENEZIA 2021 Concorso

Recensione: Reflection

di 

- VENEZIA 2021: Nel suo film selezionato in concorso, Valentyn Vasyanovych non posa solo il suo sguardo sulla guerra in corso: la fissa

Recensione: Reflection
Roman Lutskyi in Reflection

Il regista ucraino Valentyn Vasyanovych - che ha anche prodotto The Tribe [+leggi anche:
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di Myroslav Slaboshpytskyi - è davvero un one-man-band, occupandosi, di solito, di più compiti nei suoi film. Il suo film, Reflection [+leggi anche:
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, che ha già suscitato qualche polemica nel concorso principale della Mostra del Cinema di Venezia, non fa eccezione, ma il modo in cui ha deciso di girarlo è particolarmente interessante. Qui Vasyanovych non si limita a guardare la guerra, ma la fissa. Soprattutto quando si tratta di scene sorprendentemente lunghe e grafiche di violenza e tortura, così simmetricamente stilizzate da sembrare posate come una Pietà. Le sue inquadrature statiche non hanno nulla a che vedere, per esempio, con la follia quasi allucinogena di Abu Ghraib in The Card Counter [+leggi anche:
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di Paul Schrader, presentato al festival italiano solo pochi giorni fa. C'è qualcosa di molto calcolato in esse, e nell'intero film, che rende tutto ancora più agghiacciante. Non c'è niente di personale qui - è solo business come al solito.

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Vasyanovych ha detto che la sua intenzione era di ricordare a tutti la guerra in Ucraina, che è stata messa da parte per ospitare storie più fresche. Ma Reflection parla anche di quello che succede dopo, una volta che il peggio è apparentemente passato e lo stress post-traumatico sta per fare effetto. Sergiy (Roman Lutskyi), un chirurgo divorziato, non parla molto - se lo facesse, potrebbe riecheggiare il grido di Ron Kovic "Ho combattuto per il mio paese! E penso di meritare un trattamento decente!", perché ancora una volta, a nessuno importa, soprattutto di quello che ha visto dopo essere stato catturato dalle forze militari russe.

Non è un aspirante eroe - solo il tipo di persona che non vuole morire per il suo paese ma che vuole comunque aiutare. Essere nel mezzo però, non aiuta davvero, e una volta dietro le linee nemiche, viene catturato, per poi venire torturato e sfruttato per le sue abilità mediche. È quasi una letterale discesa all'inferno quella che Vasyanovych mostra, apparentemente ispirata alle vere prigioni "nascoste", che spuntano dappertutto e a volte si impadroniscono anche di edifici museali abbandonati - proprio come il famigerato Isolation a Donetsk, prima ospitante di opere d'arte contemporanea e ora di prigionieri. Sergiy potrebbe cercare di lasciarsi tutto alle spalle, come spesso accade. Ma ha un figlio.

È qui che le cose si fanno davvero interessanti: se devi spiegare il mondo a tuo figlio, come spieghi il suo lato peggiore? Nessuno può rimanere al riparo per sempre, a quanto pare - anche gli uccelli si schiantano contro la finestra, lasciando solo una flebile traccia di uno schianto violento. Mentre al suo pluripremiato Atlantis [+leggi anche:
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intervista: Valentyn Vasyanovych
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(nominato miglior film nella sezione Orizzonti di Venezia nel 2019) era stata concessa un'aura da fantascienza, qui Vasyanovych torna sulla Terra che tutti conosciamo e odiamo. È riconoscibile, ma è comunque strano, perché la "normalità" a cui torna Sergiy è priva di ogni colore e gioia. Puoi far finta che la guerra non sia dietro l'angolo, o relegarla a The Zone dei fratelli Strugatsky, ma avvelenerà comunque il tuo mondo.

Reflection è una produzione ucraina scritta da Valentyn Vasyanovych. È stato prodotto da Arsenal Films e Forefilms, mentre le sue vendite internazionali sono state affidate a New Europe Film Sales.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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