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VENEZIA 2021 Fuori concorso

Recensione: Tranchées

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- VENEZIA 2021: Loup Bureau si immerge in un avamposto dell'esercito ucraino nel Donbass e prende il polso di una guerra in corso, uno strano miscuglio di attese ed esplosioni

Recensione: Tranchées

"Cosa stanno facendo i nostri amici? - I nuovi sono più calmi, non causano problemi, quelli prima di loro erano dei veri bruti". In una casamatta che fa parte dell’avamposto dell'esercito ucraino nel Donbass, in prima linea dove le posizioni nemiche dei separatisti filo-russi sono abbastanza vicine da essere visibili, l'elettricità tremola e i cani dormono ai piedi dei soldati mentre puliscono le armi. Dalla primavera del 2014, gli accordi di cessate il fuoco si sono susseguiti uno dopo l’altro, ma "questo non significa che la guerra sia finita". È qui che il giornalista francese Loup Bureau (noto per essere stato detenuto arbitrariamente per quasi due mesi in Turchia nel 2017 per “attività legate al terrorismo” mentre riferiva sui conflitti nella regione a fianco dei curdi, e liberato solo dopo l'intercessione del presidente Macron) ha deciso di dirigere il suo primo (e molto ben fatto) documentario, Tranchées [+leggi anche:
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, presentato fuori concorso alla 78ma Mostra di Venezia.

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Filmare da vicino la guerra o la fragile sospensione delle ostilità è tutt'altro che un'idea nuova, ma il cineasta francese ha scelto un'angolazione singolare che gli permette di catturare perfettamente l'atmosfera del luogo e dà al suo film un’indiscussa impronta artistica (il suo passato come fotoreporter e il fatto che ha girato lui stesso il film senza dubbio giocando un ruolo importante in quella che è una messa in scena molto organica), lasciando trasparire le emozioni dei combattenti. Dipinge, infatti, un quadro della banalità, quello della vera quotidianità dei soldati che percorrono interminabili trincee e le loro innumerevoli curve, ne scavano instancabilmente di nuove con brutali colpi di pala e piccone, e ricominciano da capo in caso di frane. Una fatica di Sisifo interrotta dalle puntuali violazioni del cessate il fuoco da parte del nemico, da improvvise esplosioni, da bombardamenti di artiglieria, da corse a nascondersi nei bunker, da contrattacchi, ansie, feriti o talvolta peggio. E nella penombra dei loro rifugi trafitti appena dalla luce diffusa che attraversa le feritoie, passano il tempo, cucinano, lavano i piatti, confidano alcune cose al regista, a volte parlano di Dio, di chi vive e ama a distanza, sugli obiettivi di questa strana guerra... Poi le radio tornano a gracchiare e la routine riprende, monotona e sempre minacciosa...

Optando per il bianco e nero (salvo alcune rare sequenze di ritorno alla vita civile), Loup Bureau sottolinea il carattere incredibilmente senza tempo di questo conflitto, le cui condizioni rudimentali ricordano la Prima guerra mondiale. Tronchi, sacchi di sabbia, fango, camminate molto lente in una terra di nessuno e, soprattutto, l'attesa silenziosa e le preghiere affinché la morte non arrivi direttamente su di te. Una guerra latente agli antipodi delle tecnologie avanzate che talvolta fanno notizia altrove e un'atmosfera ad altezza uomo (e donna, come nel caso della soldatessa "Perséphone") che il cineasta ricrea ottimamente con piccoli tocchi personali e affascinanti piani sequenza che vagano per il luogo. Un approccio immersivo che non si concentra su un personaggio in particolare e che gioca con la dilatazione del tempo per svelare i brividi e gli improvvisi terrori radicati nel cuore della routine militare in prima linea e di un'estenuante guerra nel Donbass la cui fine purtroppo nessuno può ancora prevedere.

Prodotto da Unité, Tranchées è venduto dai tedeschi di Films Boutique [+leggi anche:
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(Tradotto dal francese)

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