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KARLOVY VARY 2021 East of the West

Recensione: Patchwork

di 

- Il secondo lungometraggio del regista cipriota Petros Charalambous pone una domanda forte e poco esplorata: a una donna è permesso rimpiangere di essere diventata madre?

Recensione: Patchwork
Angeliki Papoulia in Patchwork

Dopo il suo film di debutto, Boy on the Bridge [+leggi anche:
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, il regista cipriota Petros Charalambous si riunisce con la produttrice Janine Teerling nella realizzazione di Patchwork [+leggi anche:
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, appena presentato in anteprima mondiale al concorso East of the West di Karlovy Vary. Questa volta la Teerling ha scritto anche la sceneggiatura, che parla di una donna alle prese con la propria maternità.

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Chara (Angeliki Papoulia) è la moglie del tenero Andreas (Andreas Tselepos) e madre di Sophia, una bambina di sei anni. E già questa frase indica il tema del film: come la società definisce le donne. Ma più specificamente, può una donna rimpiangere di essere madre? Si tratta di un grande tabù in diverse società e culture e di un argomento forte e poco esplorato per un film.

Dal momento in cui incontriamo la nostra protagonista mentre porta Sophia a scuola, è evidente che si tratta di una persona nervosa, ansiosa e insicura. Ha un'espressione costantemente preoccupata sul viso, si agita e si mangia le unghie fino a farle sanguinare. Mentre Andreas e Sophia addobbano l'albero di Natale, lei vorrebbe partecipare, ma la bambina le dice che lei e il papà hanno tutto sotto controllo. E quando Andreas, con un enorme sorriso stampato in faccia e gli occhi che brillano, annuncia che la figlia vuole un fratellino o una sorellina, le viene un attacco di panico.

Durante una visita al padre, all'inizio del film, Chara insiste con rabbia che non vuole che sua madre incontri sua figlia, mostrandoci immediatamente il trauma centrale da cui deriva il suo stato emotivo. Nello studio di architettura in cui lavora, c'è un nuovo direttore creativo, un architetto di fama israeliana. La figlia adolescente di quest'ultimo, Melina (Joy Rieger), è spesso in ufficio perché la madre " va e viene in continuazione", come dice un collega in modo giudizioso. Chara prende in simpatia Melina e la invita a usare una scrivania libera nel suo ufficio. Quando l'adolescente, introversa e arrabbiata, le chiede se può fare con lei il tirocinio di orientamento professionale, Chara è più che felice di accontentarla. Sembra che le due abbiano trovato l'una nell'altra ciò che gli manca a casa, ma non per questo il loro rapporto è facile. Chara si sente inadeguata anche nell'amicizia con Christi (Stella Fyrogeni), la nuova responsabile delle risorse umane dell'azienda, felicemente senza figli.

Charalambous e Teerling affrontano il loro tema da più angolazioni, ma tutti questi aspetti generali e le loro implicazioni sullo stato d'animo di una persona sono semplicemente allineati nel film, piuttosto che esplorati in profondità. Questi elementi sono ordinati in modo da aumentare la tensione, ma in realtà non fanno altro che ripetersi.

In compenso, il classico lavoro della macchina da presa di Yorgos Rahmatoulin e la scenografia sono impressionanti. Chara si sente più a suo agio nel bianco luminoso e asettico del moderno edificio della sua azienda che nei colori caldi e delicatamente scuri di casa sua, ribadendo il fatto di sentirsi fuori luogo nella sua stessa famiglia. Il mare vasto e grigio-azzurro alle spalle della protagonista nelle scene chiave degli esterni richiama il suo desiderio di essere accettata, di poter amare, di essere semplicemente "normale".

Il costante stato di angoscia e di ansia in cui si trova Chara suggerisce che l'abbiamo incontrata nel momento di rottura, quando non riesce più a gestire la sua situazione. La Papoulia è perfettamente calata nella parte: sono poche le attrici che riescono a incarnare così intensamente la complessità di un personaggio costruito su un trauma, sull'insicurezza e sul bisogno di amore. Ma la Papoulia riesce a sostenere il film solo fino a un certo punto, non riuscendo a fare emergere tutto il potenziale di un tema così importante e provocatorio.

Patchwork è una coproduzione tra AMP Filmworks (Ciprio), Transfax Film Productions (Israele) e Perfo (Slovenia).

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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