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LOCARNO 2021 Concorso

Recensione: Petite Solange

di 

- Il nuovo film di Axelle Ropert dipinge con un candore tinto di “noir” il mondo interiore di un’adolescente a fior di pelle alle prese con il divorzio dei suoi genitori

Recensione: Petite Solange
Jade Springer in Petite Solange

Sebbene il cinema si sia molto spesso interessato ai litigi, anche furibondi, fra genitori, allo sgretolarsi di una coppia (eterosessuale) che ha deciso di fondare una famiglia, molto poco si è invece raccontato del dolore provato dai figli che assistono a tutto ciò. Un punto di vista che Axelle Ropert ha deciso di difendere dando voce, nel suo Petite Solange [+leggi anche:
trailer
intervista: Axelle Ropert
scheda film
]
, selezionato nel Concorso internazionale del Locarno Film Festival, ad un’adolescente alle prese con l’infrangersi di un sogno: quello dell’amore che dura per sempre, quello della serenità senza fine.

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Quello che è certo è che la regista francese, e la sua direttrice di casting Joanna Grudzinska hanno avuto un fiuto straordinario nel scegliere Jade Springer per incarnare la loro Solange. La giovanissima attrice si fonde in effetti a meraviglia nel decoro vintage dal sapore al contempo felliniano e rohmeriano del film. Il candore che emana, quella sorta di devozione che ha verso la sua famiglia che le serve da scudo contro qualsiasi pensiero negativo, accompagna il film con una rassicurante disinvoltura.

In uno spazio tempo difficile da identificare, immersi in un’atmosfera da melodramma che pochi ancora osano esplorare, Petite Solange ci spinge ad esplorare il mondo interiore della sua protagonista, un tuffo in acque profonde che mette quasi a disagio. Sebbene molti registi preferiscano concentrarsi sulla rabbia che fa inevitabilmente parte dell’adolescenza, è sulla crudele tenerezza che Axelle Ropert ha scommesso proponendoci il ritratto di una tredicenne tutto sommato molto moderna, misteriosa e discreta fino a scomparire dietro le preoccupazioni degli altri. “volevo grattare via, strato dopo strato, il guscio che ci si crea nell’età adulta ed esporre l’indifeso, fragile bambino che c’è al suo interno” dice la regista la cui intenzione è quella di proporci un melodramma intenso e sincero di quelli che nessuno osa più fare. Un sapore vintage rivendicato (rinforzato dalla voce di cantanti italiani di altri tempi) quello che accompagna il film che si mescola al candore di eroine adolescenti quali Sophie Marceau ne La boum o Charlotte Gainsbourg che canta Lemon incest.

Senza voler puntare il dito contro i genitori (interpretati da Léa Drucker e Philippe Katerine), ma semplicemente allontanandoli dal centro della storia, la regista descrive la trasformazione di Solange: da figlia e sorella (ruolo sottolineato dai genitori nel discorso iniziale per i loro vent’anni di matrimonio) a essere umano, fragile e complesso come tutti noi. Petite Solange è un film apparentemente leggero che nasconde però un animo ben più tenebroso, un film controcorrente e coraggioso che non ha paura di crede ancora nel potere catartico del cinema, quel potere capace persino di strapparci qualche lacrima.

Petite Solange è prodotto da Aurora Films (Francia) ed è venduto all’internazionale da mk2 Films.

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