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PALIĆ 2021

Recensione: Toxikoma

di 

- Gábor Herendi realizza un film piuttosto dozzinale ma fermo nella sua rappresentazione di un cupo (melo)dramma dell'Europa orientale sulla dipendenza e il potere interpersonale

Recensione: Toxikoma
Aron Molner in Toxikoma

Può mai esistere un film leggero incentrato sull’abuso massiccio di droga? Il regista ungherese Gábor Herendi raccoglie la sfida con il suo recente Toxikoma, proiettato nel programma New Hungarian Film del Festival del cinema europeo di Palić. Dopo aver guadagnato fama nazionale con la sua commedia in tre parti, A Kind of America, che racconta l’anticonvenzionale sogno americano di un aspirante regista, il suo film più recente – molto diverso per genere e stile, ma sempre destinato ad un ampio pubblico e non troppo distante dai personaggi per cui Herendi generalmente mostra curiosità – esplora il possibile corso di eventi dopo che un aspirante attore realizza le sue ambizioni nell’industria dello spettacolo e diventa una celebrità.

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Basato sul libro autobiografico del celebre attore ungherese Győző Szabó (che compare in A Kind of America e nell’esilarante commedia Kontroll [+leggi anche:
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, ambientata nella metropolitana di Budapest), Toxikoma segue la dura battaglia di un omonimo showman (in un’appassionata interpretazione di Áron Molnár) contro la sua dipendenza dalla droga, attraverso il complesso rapporto tra lui e il suo psichiatra, il dott. Chernus (Bányai Kelemen Brown). Con l’aiuto di regolari iniezioni di eroina, che usa per rilassarsi, Győző sostiene ritmi folli, mentre oscilla a mente assente tra concerti musicali, spettacoli televisivi, il palcoscenico e la vita familiare. Un incidente in moto, fortunatamente lieve, lo costringe a giustificare le sue azioni in tribunale, ed è così che finisce nella terapia di gruppo alternativa del dott. Chernus, in cui ai pazienti viene chiesto di assumere non pillole, ma la responsabilità delle loro azioni e decisioni. Una lite feroce scoppia tra il viziato, narcisista e sicuro di sé Győző e l’autoritario, stacanovista e scorbutico fumatore incallito Chernus, che si atteggia a divinità e punta a estirpare il senso di impunità dei suoi pazienti. Győző reagisce di continuo e in maniera puerile, con osservazioni tuttavia acute sui punti deboli del dottore, e così questo duello piuttosto inelegante, ma infine terapeutico, gradualmente li conduce entrambi attraverso una catarsi che cambia le loro vite.

Nonostante il tema pesante, Toxikoma è adatto a ogni pubblico, perché si concentra più sui rapporti umani che sulla questione della tossicodipendenza. Inoltre, l’equilibrio tra dramma psicologico e melodramma, alleggerito e raffinato da tipiche convenzioni del genere filmico, ci aiuta a trascurare alcuni buchi nella logica della trama – come ad esempio il fatto che Győző non venga mandato in tribunale per aver guidato sotto effetto delle droghe. A compensare la trattazione piuttosto casuale e superficiale del tema della dipendenza, ci sono gli arguti confronti verbali, ma anche fisici, tra i personaggi principali. L’aspetto più solido della sceneggiatura è il ritratto ricco e consistente di due personalità particolari in opposizione tra loro che, in fin dei conti, si rivelano molto simili nella loro ostinazione a voler inseguire la propria strada, a prescindere dalle conseguenze. La fotografia vivace (a cura di Péter Szatmári, esperto di estetica televisiva), ravvivata di tanto in tanto da immagini animate che rappresentano le allucinazioni di Győző sotto l’effetto di stupefacenti, così come un abile processo di montaggio (a cura di István Király e Tomi Szabo) fanno di Toxikoma un viaggio un po’ cupo ma tranquillo attraverso crisi personali e modelli comportamentali in cui è facile immedesimarsi.

Toxikoma è prodotto da Gabriella Illés per TulipánTündér Produkció (Ungheria) e distribuito da Vertigo Media

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(Tradotto dall'inglese da Milena Tavano)

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