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DOCUDAYS 2021

Recensione: Salt from Bonneville

di 

- Il secondo lungometraggio documentario del regista ucraino Simon Mozgovyi segue due amici che tentano di battere il record mondiale di velocità per motociclette d'epoca

Recensione: Salt from Bonneville

Per il suo secondo lungometraggio documentario, Salt from Bonneville [+leggi anche:
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, che è stato mostrato in anteprima mondiale al Docudays UA e ha ricevuto una menzione speciale nel Concorso DOCU/UKRAINE, l’eclettico regista ucraino, Simon Mozgovyi, avrebbe una premessa invitante: due amici truccano una vecchia motocicletta sovietica e tentano di battere il record mondiale di velocità per moto d’epoca. Tuttavia, nonostante sia visivamente allettante e tecnicamente compiuto, il film manca di un vero e proprio nucleo drammatico.

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Maxim e Nazar stanno lavorando sulla IZH-49, una motocicletta del 1951, con l’obiettivo di competere alla Bonneville Salt Flats nello Utah, Stati Uniti, dove appassionati provenienti da tutto il mondo si riuniscono per battere il record di velocità con i loro veicoli modificati. Li incontriamo in un garage nel sobborgo di Kyiv, dove lavorano sul veicolo e si preparano a viaggiare verso gli Stati Uniti.

Una volta arrivati, le cose sembrano procedere senza problemi per la coppia, e vengono raggiunti da un gruppo di sostenitori, che sono tutti ucraini che vivono negli Stati Uniti. La gente del luogo apprezza la presenza straniera all’evento decisamente americano, ma ben poco è mostrato circa il contesto stesso. Quando lo spettatore sente che il record attuale è di 133 km/h, rimane un po’ deluso, poiché non è stato informato inizialmente del fatto che i partecipanti competono nella categoria moto d’epoca. Ci rendiamo conto che la loro motocicletta è d’epoca, ma per la maggior parte del potenziale pubblico del film, inesperto, non è così ovvio.

Mozgovyi adotta un approccio osservazionale al documentario, il che significa che c’è poca descrizione e che la tensione o la suspense per chi batterà il record è messa in secondo piano rispetto allo sviluppo dei personaggi e alle relazioni tra loro. Ma il problema è che non succede molto tra i due protagonisti, infatti, conosciamo molto meno loro che la stessa Bonneville.

La motocicletta appartiene a Maxim, che sembra un normale trentenne che l’ha appena ereditata e si è incuriosito, piuttosto che un appassionato di velocità. Nazar invece, è un personaggio più energico e avvincente, che probabilmente deciderà di rimanere negli Stati Uniti. I due litigano di tanto in tanto, ma questo non va molto oltre le questioni tecniche legate al veicolo.

Comunque, Bonneville è un luogo intrinsecamente cinematografico, un vasto campo bianco in contrasto con un chiaro cielo azzurro. Infatti, è così esteso che, come un vecchio cinegiornale ci informa, si può vedere la curvatura della terra a occhio nudo. Ma questa competizione non è Daytona, con folle di spettatori esultanti: si tratta semplicemente di un gruppo di fanatici della velocità che competono nel deserto di sale, sfidando il tempo. L’inquadratura di un drone ci dà un’idea delle dimensioni dell’evento, che sono impressionanti, ma non vediamo mai un altro veicolo che tenta di battere il record, nonostante sullo sfondo riusciamo a intravedere dei curiosi marchingegni che vorremmo conoscere meglio.

In un paio di corse intraprese da Nazar, la camera si sposta al fianco della motocicletta, ma la percezione della velocità ci è stata già sottolineata da quello che abbiamo appreso prima. Quindi, in assenza di alcuno sviluppo di qualsiasi personaggio e senza la percezione della competizione, allo spettatore restano solo alcuni scenari entusiasmanti, ripresi da Mozgovyi, Denis Melnik, Serhii Stetsenko e Mnytro Gorash, e la raffinata colonna sonora scritta da Zviad Mgebry e Luka Lebanidze, che risolleva il film fornendo una dinamicità necessaria.

Salt from Bonneville è una coproduzione tra la società di produzione ucraina Atlant Media Group, Mainstream Pictures e la polacca Stewopol.

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(Tradotto dall'inglese da Chiara Morettini)

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