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SXSW 2021

Recensione: Luchadoras

di 

- Se combatti, in questo potente documentario di Paola Calvo e Patrick Jasim, prenderai tante botte, ma potresti anche vincere

Recensione: Luchadoras

“Cosa posso dirvi su Ciudad Juárez?” è la domanda che sorge guardando il documentario tedesco-messicano Luchadoras [+leggi anche:
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di Paola Calvo e Patrick Jasim, presentato in anteprima mondiale al Festival SXSW, e la risposta iniziale è ovvia: niente. Per favore, niente di niente. Niente riguardo a questo posto noto per la violenza e i femminicidi, per le sue fosse comuni e per le donne che scompaiono ogni giorno, il tutto risolto con una serie di annunci con la scritta “L’hai vista?” e “Smarrita. Aiuto”, come se fossero la tappezzeria della città. Ma nessuno ascolta, e sicuramente si presenterà presto un altro terribile racconto, un’altra storia di una vittima che a malapena è sopravvissuta alla sua disavventura e che si sente troppo in imbarazzo per raccontarlo alla famiglia. “Benvenuti”.

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Ma non sarebbe giusto considerare Luchadoras, un film piacevole e commovente, come un ennesimo racconto di questi orrori, orrori che anni fa hanno ispirato anche una produzione con Jennifer Lopez. Chiunque qui conosce la realtà molto bene, è chiaro, e quando un giornalista riporta la storia di una donna picchiata a morte dal compagno, nessuno batte ciglio. D’altronde, perché dovrebbero? Hanno vissuto la violenza in prima persona, pestaggi e omicidi si verificano ogni minuto per strade che fino a un attimo prima erano tranquille. L’unica cosa che resta da fare è chiedersi apertamente da dove provengano le lenzuola con le quali vengono coperte le vittime, poiché se fossero portate da casa, i corpi sarebbero avvolti da fantasie floreali.

Sì, sembrerebbe che anche alle lottatrici di Ciudad Juárez piacciano i fiori, ma si picchierebbero anche l’un l’altra con delle sedie, se fosse necessario, o si prenderebbero per quei lunghi riccioli alla prima occasione. Alcune di loro sono nate in questo ambiente, allenate dai propri padri, mentre altre ci sono arrivate dopo, probabilmente perché stanche di sentirsi indifese. I loro nomi sono graziosi: Baby Star, Lady Candy, Mini Sirenita, ma le loro storie un po’ meno, ricche di difficoltà e delusioni personali, di uomini gelosi o di padri che rapiscono i loro figli e li portano oltre il confine.

Perlomeno i registi le trattano con gentilezza, mostrando la vulnerabilità così come la forza. Si vergognano a mostrare il viso alle persone, così tengono sempre la maschera scintillante in volto – in quegli scontri, spiacevoli da vedere, contro avversari uomini, questo è ciò in cui si imbattono. Sognano la celebrità, o almeno un’opportunità di lasciare quello squallido lavoro di fabbrica che le fa tornare a casa ogni notte pietrificate. Ma tutte sembrano essere più spaventate dallo “scomparire dalla vita”, e quindi, cosa posso dirti di Ciudad Juarez? Ti prendono e nessuno lo nota, e l’unica soluzione offerta è un coprifuoco per le sole donne.

Calvo e Jasim Stanno vicino a loro, fuori dal ring, ma lo stesso show è interessante - con altre donne riunite per farsi il tifo, godendosi un racconto diverso rispetto a quello che trovano sui giornali. Ma i registri mostrano anche una comunità ancora più grande che si sta formando, di donne in generale, disposte a pagare il prezzo per le loro proteste pubbliche contro la violenza e i crimini che spesso rimangono impuniti. Per essere una lottatrice, una luchadora, a volte devi fare un facebuster, a volte devi tenere un cartello per strada. Esse sono tutte le seguaci di Mildred Hayes, pronte a ripetere il suo motto “E ancora nessun arresto? Come mai, signor Willoughby?”. Così come altre hanno fatto pochi giorni fa a Londra, celebrando la vita di Sarah Everard, unite dalla tragedia della morte. Di nuovo.

Luchadoras è una produzione della società tedesca TUMULT Film. Le vendite mondiali sono gestite da Rise and Shine.

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(Tradotto dall'inglese da Chiara Morettini)

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