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BERLINALE 2021 Panorama

Recensione: Celts

di 

- BERLINALE 2021: Il primo lungometraggio della regista serba Milica Tomović collega la sua generazione a quella dei suoi genitori in una storia che riflette il declino della società

Recensione: Celts
Dubravka Kovjanić in Celts

Marijana (Dubravka Kovjanić) si sveglia mentre suo marito (Stefan Trifunović) è nella doccia, e inizia a masturbarsi. L’uomo esce fuori dal bagno e, con cautela, lascia la stanza in punta di piedi mentre lei sta gemendo sotto le coperte.

La loro casa si trova nel sobborgo belgradese di Borča, né un centro urbano né un'area veramente rurale, rappresentando una delle tante mezze identità trattate in Celts [+leggi anche:
trailer
intervista: Milica Tomovic
scheda film
]
, il primo lungometraggio della cineasta serba Milica Tomović, il quale ha avuto la sua prima mondiale nella sezione Panorama della Berlinale. L’anno è il 1993, e la Serbia sta conducendo le guerre in Croazia e Bosnia mentre la sua società inflazionistica è governata da politici senza scrupoli e gang criminali.

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Marijana, insieme a sua suocera, sta preparando panini per l’ottavo compleanno di sua figlia, Minja (Katarina Dimić), una grande fan delle Tartarughe Ninja. Mentre la bambina si mette felicemente il suo costume fatto in casa di Raffaello, Tamara (Anja Đorđević), sua sorella adolescente e ribelle, è chiusa nella sua stanza ascoltato musica punk a tutto volume. Il padre, il quale guida un taxi per supportare la famiglia di tre generazioni, si reca dai vicini per prendere in prestito un cane per far giocare i bambini.

Mentre cala la sera, non sono solo i piccoli amici di Minja che si presentato per festeggiare, ma anche un assortimento di amici dei suoi genitori e parenti. Il fratello dottore di Marijana (Nikola Rakočević) porta del whiskey, il fratello del padre Goran (Jovan Belobrković) porta una cassa di birra, così come una nuova ideologia e acconciatura anarco-punk. Zaga (Nada Šargin) porta la sua nuova fidanzata (Jovana Gavrilović), principalmente per far ingelosire la sua ex (Jelena Djokić).

È una festa disordinata, piena di discussioni accese e passioni nascoste che emergono facilmente in superficie, e questo fa sentire Marijana sempre più distante. Ha già sentito tutte queste conversazioni, e l’alcool fa in modo che si isoli ancora di più. A un certo punto, decide semplicemente di lasciare la festa, e ci vuole un po’ di tempo prima che gli altri notino la sua assenza.

Questo è un film che parla di una donna che vuole più di qualche panino con margarina e sottaceti e masturbarsi al mattino, di una bambina che vuole soltanto che i suoi amici ammirino il suo costume da Raffaello, di un bambino timido che brucia i suoi pantaloni su di uno scaldabagno mentre cerca di rimuovere una macchia, e di un marito che si sente sminuito dalla moglie perché decide di tagliarsi i capelli corti.

Ma è anche la storia della generazione della regista – Minja potrebbe essere una controfigura per Tomović, la quale è nata nel 1986 ed è ora genitore – e vive in una Serbia ancora controllata dalle stesse persone e strutture che hanno distrutto paesi e ucciso migliaia di persone negli anni novanta, e che stanno adesso cercando di ripulirsi la coscienza con idee apparentemente “pro-Europa”. Abbiamo imparato qualcosa? Difficile dirlo, considerando la Serbia di oggi – ma c’è una generazione di cineasti, inclusa Tomović e tutti quelli come Ognjen Glavonić e Marta Popivoda, che pongono domande scomode per non dimenticare il passato recente, come vuole il governo di oggi, che impongono di fare meglio dei nostri genitori, i quali hanno perso le loro opportunità.

La storia si sviluppa in un modo organico, ammirabile, proprio come la festa caotica stessa. Il direttore della fotografia Dalibor Tonković, la scenografa Marija Mitrić, la compositrice Ana Djurović e il montaggio di Jelena Maksimović creano un mondo a tutti gli effetti, in cui la nostalgia viene in gran parte sostituita con l’amarezza – un modo con un vortice di conflitti, storie d’amore, risentimenti e invidia, ma anche di genuina connessione umana, e generosità. Lavorando con attori meno noti per i ruoli principali e camuffando i famosi in minuziosi dettagli d'epoca, Tomović fa si che lo spettatore metta in discussione la propria percezione e memoria, ottenendo come risultato un film che sembra essere un sasso dentro la scarpa.

Celts è stato prodotto dalla compagnia con base a Belgrado, EED// Productions, e i diritti internazionali sono gestiti dalla compagnia tedesca m-appeal.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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