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BERLINALE 2021 Forum

Recensione: À pas aveugles

di 

- BERLINALE 2021: Christophe Cognet si immerge in un'indagine minuziosa e commemorativa analizzando le rarissime foto clandestine scattate dai deportati all'interno dei campi di sterminio

Recensione: À pas aveugles

In una campagna assolata, la terra è disseminata di frammenti bianchi. Sono frammenti ossei che affiorano in superficie quando piove: sono sempre lì, nel terreno su cui cammini. Le tracce dell'abominio che furono i campi di sterminio nazisti, "questi luoghi dedicati alla negazione dell'essere umano" sono già stati oggetto di numerose rappresentazioni cinematografiche (dovere del ricordo tanto più essenziale in quanto l'essere umano ha una sciagurata tendenza a voltare le spalle alle sue inclinazioni più oscure), da angolazioni, stili e approcci molto diversi, da Il grande uno rosso di Samuel Fuller al colossal Shoah di Claude Lanzmann, passando per Notte e nebbia di Alain Resnais fino all'immersivo Il figlio di Saul [+leggi anche:
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di László Nemes. In un registro più modesto, ma non per questo meno essenziale, il documentarista francese Christophe Cognet aggiunge il suo tassello a questo mosaico con À pas aveugles [+leggi anche:
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, scoperto al Forum della 71ma Berlinale, un'indagine meticolosa e originale sulle rarissime fotografie clandestine scattate dai deportati stessi (dalla primavera 1943 all'autunno 1944), rischiando la vita, all'interno dei campi.

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Dialogando con storici specializzati nell'Olocausto, il regista decifra la storia di ciascuna di queste istantanee, immergendosi nel cuore delle immagini e ricollocandole con la massima accuratezza nella realtà attuale delle vestigia dei campi di Dachau e Mittelbau-Dora , Buchenwald, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück. Chi ha scattato la foto, quando e in quali condizioni? Da dove veniva la macchina fotografica? Chi c'è nell'inquadratura e cosa ci dice? Come è stato possibile nascondere e salvare la pellicola? Tante domande esplorate con pazienza e metodo, facendo ipotesi (non si conoscono le circostanze esatte di queste frazioni di secondo sottratte ai carnefici), e interpretando con l'ausilio delle conoscenze storiche e della realtà fisica del luogo, il che apre ad una comprensione ampia e molto realistica dello spazio e dell'esistenza in cui si inseriva lo scatto.

Dalle foto scattate da una finestra dell'infermeria di Dachau a quella del crematorio di Buchenwald, dai ritratti di porcellini d'India usati per esperimenti medici a Ravensbrück allo scatto molto sfocato di un gruppo di donne che si spogliano davanti al crematorio V di Auschwitz-Birkenau e quello di un Sonderkommando che lavora a una pira in mezzo ai cadaveri: questi campioni visivi sono sia simboli di resistenza individuale che impronte quasi archeologiche da analizzare per estrarne l'essenza. Particolarmente istruttivo, il film evidenzia in particolare il ritocco effettuato a certe foto, spesso per migliorarle e renderle più intelligibili, ma talvolta anche per non dare false idee (i prigionieri che prendevano il sole accanto a un crematorio venivano così cancellati, perché questo stato di totale indifferenza verso la morte degli altri sarebbe stata ovviamente incomprensibile per chi non è sopravvissuto ai campi). Inoltre, il regista non si avventura mai dalla parte di possibili polemiche perché quello non è il suo obiettivo. Analizzando con precisione e rigore il microcosmo di ogni foto, Christophe Cognet rende omaggio alla giusta distanza, rispettosa, di queste donne e di questi uomini che hanno rischiato la vita per riprendere il controllo della propria immagine e per trasmettere questo messaggio e vitale della Storia: "Tutto questo è accaduto".

Prodotto dalla società francese L’atelier documentaire e coprodotto dai tedeschi di OVALmedia, À pas aveugles (che vede alla direzione della fotografia Céline Bozon) è venduto nel mondo da mk2 Films.

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(Tradotto dal francese)

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