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Recensione: Landscapes of Resistance

di 

- Nel suo secondo lungometraggio documentario, la regista serba Marta Popivoda crea un'opera stimolante che collega due diversi periodi della storia che condividono lo stesso nemico: il fascismo

Recensione: Landscapes of Resistance

La regista berlinese nata in Serbia Marta Popivoda e la sua co-autrice e compagna di vita Ana Vujanović si sono rivelate nel 2013 con il documentario di filmati d'archivio proiettato al Forum della Berlinale Yugoslavia, Or How Ideology Moved Our Collective Body. Presentato in anteprima mondiale all'International Film Festival Rotterdam, anche il loro nuovo documentario Landscapes of Resistance [+leggi anche:
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tratta un aspetto chiave della nascita del loro paese, ma in un modo completamente diverso: mentre Yugoslavia era formalmente rigido e un po' accademico, Landscapes trasuda spirito ed emozione.

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Ciò deriva dalla struttura a più livelli, incredibilmente completa e facile da seguire del film, ma soprattutto dalla sua protagonista unica. Sonja Vujanović è la nonna di Ana, comunista da una vita, combattente partigiana e sopravvissuta ad Auschwitz. Racconta le sue esperienze, dall'essere stata espulsa dal liceo per "associazione con la gioventù comunista" (questo mentre la Jugoslavia era ancora una monarchia) all'unirsi alla resistenza, attaccare un treno tedesco, essere catturata e torturata dalla Gestapo, e finire in un campo di concentramento di Belgrado prima di essere inviata ad Auschwitz. Niente di nuovo di per sé, eppure il modo fantasticamente cinematografico con cui la vecchia signora racconta queste storie lo è sicuramente.

Pertanto, non c'era motivo per Popivoda di utilizzare filmati d'archivio. Combina invece queste storie, spesso raccontate in una voce fuori campo, con le immagini dei luoghi che hanno testimoniato questi eventi. Nessuno viene segnalato tramite un testo in sovraimpressione, ma non importa. Ciò che è più importante è la squisitezza con cui vengono filmati dal direttore della fotografia Ivan Marković (che ha già dimostrato il suo talento nel ritrarre in modo affascinante oggetti e luoghi apparentemente ordinari in I Was at Home, but... [+leggi anche:
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) e montati con dissolvenze incrociate dalla più talentuosa montatrice serba, Jelena Maksimović.

Maksimović crea un ritmo sereno e paziente, con frequenti lunghi momenti di silenzio che sono accompagnati solo da un eccellente sound design naturalistico ad opera di Jakov Munižaba. Questi arrivano dopo parti particolarmente forti della storia di Sonja, lasciando allo spettatore il tempo di assimilarle.

Popivoda collega il tempo e la lotta del suo soggetto con il suo presente, attraverso lettere e annotazioni di diario che sono scarabocchiate in bianco sulle immagini che sfumano l'una nell'altra. Riguardano l'attuale ascesa del fascismo, ma anche il modo in cui i Balcani sono stati spinti ancora di più nei margini culturali ed economici dell'Europa. Soprattutto, Popivoda, Vujanović e probabilmente l'intera troupe sembrano provenire dallo stesso posto di Sonja: quando la coppia si è trasferita a Berlino, ha scritto loro una lettera dicendo: "Non mi dispiace che siate andati dai tedeschi. Dopotutto, non siamo stati torturati dai tedeschi, ma dai nazisti".

È stimolante vedere che questo autentico spirito comunista, che è aperto e tollerante (in opposizione alle sue mutazioni totalitarie) e mette l'umanità davanti l'ideologia o la nazionalità, esiste ancora. D'altra parte, il fatto che dobbiamo ricordare a noi stessi chi sono i veri eroi è preoccupante. Per questo abbiamo Popivoda e Vujanović e molti altri registi balcanici che continuano a tenere la fiamma accesa nonostante siano stati regolarmente sabotati e chiamati traditori dai governi corrotti ed egoisti dei loro paesi.

Landscapes of Resistance è una coproduzione tra la serba Theory at Work e la francese Bocalupo Films.

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(Tradotto dall'inglese)

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