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GOLDEN ROSE 2020

Recensione: A Dose of Happiness

di 

- Questo fiducioso primo lungometraggio di Yana Titova è un interessante ammonimento sulla dipendenza

Recensione: A Dose of Happiness
Valentina Karoleva in A Dose of Happiness

Il più grande festival cinematografico nazionale in Bulgaria, il Golden Rose Film Festival, ci ha offerto due piacevolissime sorprese quest’anno: due primi lungometraggi completamente indipendenti realizzati da attori. Uno di questi è Till the Final Caprice di Ivan Yurukov, e l’altro è A Dose of Happiness [+leggi anche:
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di Yana Titova, che ha completamente affascinato la giuria diretta dai due registi bulgari Kristina Grozeva e Petar Valchanov, tanto da convincerli ad attribuirle il premio come miglior opera prima. A Dose of Happiness è un film funzionale e diretto che riesce perfettamente a puntare i riflettori sulla tossicodipendenza, una tematica che viene raramente discussa pubblicamente nell’Europa dell’Est, malgrado il numero di tossicomani stia aumentando anno dopo anno.

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Ispirato al libro autobiografico Fall and Salvation, scritto dalla giornalista Vessela Toteva, il film racconta otto anni di battaglie personali contro la dipendenza dall’eroina e dal metadone. Fin dall’inizio incontriamo Vessela (interpretata da Valentina Karoleva, la figlia di Toteva nella vita reale), che, da giovane madre, rifiuta il nuovo interesse del marito (Aleksandar Aleksiev) per la vita cristiana e comincia a frequentare molte feste. Dopo qualche sigaretta dall’odore strano, Vessela si sveglia la mattina dopo in una dolorosa astinenza, la sua unica soluzione è continuare a fare uso di droghe sempre più forti.

A Dose of Happiness non apre nuovi orizzonti nel cinema bulgaro, ma offre sicuramente un’onestà impressionante e un’empatia in grado di disarmare il pubblico. Il film sembra essere realizzato per diventare un ammonimento rivolto soprattutto agli spettatori più giovani, poiché mostra quanto sia facile diventare tossicomani e quanto sia difficile combattere la dipendenza. Questo film potrebbe essere proiettato benissimo all’interno di aule di licei e di università, per poi aprire un dibattito sulla tossicodipendenza, nonché comunicare un messaggio molto importante: che la salvezza è possibile.

Titova, che ha scritto anche la sceneggiatura, circonda la sua protagonista con diversi personaggi, alcuni dei quali rappresentano angeli custodi, altri invece diavoli tentatori. Uno di questi è Joro (lo straordinario Dimitar Nikolov), un giovane uomo che fa parte della cerchia di tossicomani frequentata da Vessela e che mostra al pubblico quanto sia facile lasciarsi tentare da un determinato mondo, mettere da parte le norme sociali e cedere continuamente per avere un’altra dose di felicità.

Il film dalla storia drammatica mostra quasi in modo pratico gli effetti della dipendenza sulla vita di ognuno. Il fatto che Vessela abbia una giovane figlia, Valentina, è estremamente efficace nel contestualizzare la tematica della tossicodipendenza: come può una persona avere una figlia così perfetta ed essere ancora così ossessionati da dove arriverà la prossima dose? Titova ricorre ad alcune scene toccanti – ad esempio, quella in cui Vessela si inietta una dose di eroina sul sedile anteriore di un’auto e nel mentre chiede a Valentina, che si trova sul sedile posteriore, di tenere gli occhi chiusi. La giovane ragazza apre gli occhi e vede sua madre trasformarsi in un demone a mano a mano che l’eroina comincia a scorrere nelle sue vene.

In collaborazione con il direttore della fotografia Martin Balkanski, Titova utilizza alcune tecniche, tra cui il PoV, per mostrare al pubblico come un tossicomane vede il mondo, sia prima che dopo aver assunto droghe. I personaggi che sono sotto effetto di droghe vengono ripresi da angolazioni insolite e vengono utilizzati colori vividi, nel mentre il tempo diventa un elemento importante della storia, mostrando come il tossicomane scivoli gradualmente nell’abisso, distruggendo relazioni e tradendo i suoi familiari più stretti. Sarebbe difficile trovare un modo più efficace e diretto per scoraggiare un adolescente dal fare uso di droghe.

A Dose of Happiness è prodotto in modo indipendente dalla società bulgara No Blink Studio, in collaborazione con le società bulgare bTV Studios, Brod Film, B2Y e Dream Team Films, e la Reason8 del Regno Unito. Decine di società e contributori privati hanno supportato la produzione.

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(Tradotto dall'inglese da Ilaria Croce)

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