Recensione: Slow News
- Il documentario di Alberto Puliafito esplora un movimento internazionale informale che cerca di applicare le buone pratiche del giornalismo in un mondo sovraccarico di informazioni
Dei quattro giornalisti italiani che hanno fondato il quotidiano online Slow News, tre sono accreditati come autori del documentario Slow News [+leggi anche:
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scheda film], presentato in anteprima mondiale nel concorso internazionale del Festival del documentario di Salonicco. Il film è diretto da Alberto Puliafito, prodotto da Fulvio Nebbia e scritto dai due con Andrea Coccia. Concentrandosi sulla necessità di un giornalismo reale, analitico ed etico nell'era del sovraccarico di informazioni e dei social media, il film funziona meglio come un approccio giornalistico sull'argomento piuttosto che come un'opera cinematografica.
Prendendo il nome e lo spunto dal libro del 2010 di Peter Laufer, docente di giornalismo all'Università dell'Oregon e personaggio chiave di questo movimento internazionale informale e del film stesso, Slow News è diviso in due parti. La prima esplora la situazione dei media oggi, riflettendo sulla varietà di fenomeni meglio conosciuti come "clickbait" e "fake news", e che sono una delle principali fonti di cambiamento sociale e politico in un mondo in cui i social media hanno assunto il ruolo del giornalismo degradandolo a un livello pericoloso. La seconda parte esamina i rappresentanti di spicco della tendenza, che è iniziata in modo indipendente nei diversi paesi occidentali, dal momento in cui i professionisti ed esperti dell'informazione frustrati, oberati di lavoro e sottopagati hanno deciso di fare un passo indietro e trovare nuovi modi di impiegare le vecchie (cioè le corrette) pratiche giornalistiche e adattarle all'attuale panorama dei media.
Il film è costellato di interviste a figure come il CEO del New York Times Mark Thompson, l'editore di BuzzFeed Craig Silverman, l'ex direttore di BBC News Helen Boaden, sociologi, storici e giornalisti che prendono parte a due eventi organizzati o co-ospitati dai cineasti, il Festival del giornalismo a Perugia e uno speciale evento unico a Trento. Questi sono ampiamente interpellati per mostrare i pro e i contro di ogni particolare problema, e lo stesso principio è applicato nella seconda metà, dove apprendiamo di più sugli sforzi e le scoperte dei nuovi media che stanno adottando l'approccio slow-news: Internazionale e Valigia Blu in Italia, Delayed Gratification nel Regno Unito, Zetland in Danimarca, America in Francia, e De Correspondent e Flow Magazine nei Paesi Bassi. Infine, c'è un segmento che mostra il viaggio dei cineasti negli Stati Uniti, tra cui la visita a un giornale locale a Eugene, in Oregon, e la conferenza di Laufer all'università, inserita tra le due parti principali del film. Il riconoscimento istituzionale del movimento è dimostrato da un collegamento con il consolato americano a Milano.
Per quanto riguarda il contenuto del film, ci sono pochi difetti da trovare. Dopotutto, è stato realizzato da giornalisti che sanno esplorare una storia. È altamente dettagliato e approfondito, ma come lungometraggio documentario (con versioni per le sale di 92 e 114 minuti, e un montaggio televisivo di 52 minuti), sembra sovraffollato, indipendentemente dal potenziale interesse dello spettatore o dalla conoscenza dell'argomento. Ciò significa che non riusciamo davvero a conoscere i protagonisti, e questo è un peccato perché la maggior parte di loro sono personaggi interessanti. Inoltre, i filmati di Perugia e Trento sembrano spesso video promozionali per questi eventi, con troppe riprese dal dolly o dal drone e una colonna sonora generica che mina la serietà e la sostanza del tema.
D'altro canto, Slow News sostiene con forza l'argomento e identifica correttamente una delle questioni sociali chiave dei giorni nostri offrendo allo stesso tempo soluzioni reali (o, almeno, proposte) basate su esempi di successo, quindi è una buona scelta per i festival tematici e gli eventi educativi e incentrati sul dibattito.
Slow News è una coproduzione delle italiane IK Produzioni e BabyDoc Film, e la francese Java Films detiene i diritti internazionali.
(Tradotto dall'inglese)
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