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SAN SEBASTIAN 2019

Recensione: The Taste of Pho

di 

- La regista giapponese residente a Varsavia Mariko Bobrik realizza un film squisito sull’identità, il cibo e i tempi moderni

Recensione: The Taste of Pho
Thang Long Do in The Taste of Pho

“Viviamo in Europa, qui non si mangia riso tutti i giorni!”. L’integrazione passa anche attraverso il cibo nel film d’esordio della regista giapponese residente a Varsavia Mariko Bobrik, The Taste of Pho [+leggi anche:
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scheda film
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, presentato in prima mondiale al 67mo Festival di San Sebastian, sezione Culinary Cinema. La piccola protagonista del film, Mia (Lena Nguyen), alle pietanze tipiche vietnamite che gli prepara meticolosamente suo padre Long (Thang Long Do) ogni mattina da portarsi a scuola, preferisce di gran lunga un bel panino al prosciutto. E quando vediamo che anche la gonna a pieghe che ogni giorno Long stira con amore per la sua bambina viene sostituita da un paio di jeans strappati non appena Mia gira l’angolo, capiamo che tra padre e figlia c’è un conflitto in atto.

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Sottolineiamo “ogni mattina”, “ogni giorno” non a caso, perché è proprio nella routine quotidiana che entra la regista nata a Fukuoka e diplomatasi alla Łódź Film School, nei piccoli gesti che si ripetono uguali giorno dopo giorno, prima di andare a scuola e al lavoro, nella casa di questa famiglia recisa. Rimasto vedovo di una bella moglie polacca che scorgiamo in foto, l’amorevole Long cerca di tenere viva la sua identità (in Polonia, i vietnamiti rappresentano una delle più grandi minoranze etniche presenti nel paese) anche attraverso il lavoro che fa: il cuoco in un ristorante vietnamita, la cui specialità assoluta è il pho, zuppa tipica a base di carne, verdure e noodles.

Long è contento di vivere in Polonia, è contento del suo lavoro, ma sembra rimanere un passo indietro rispetto alla modernità: si ostina a riparare le cose piuttosto che cambiarle (ma i pezzi della sua vecchia lavatrice non li producono più da anni), è convinto che le ragazzine portino ancora la gonna a pieghe, e quando il nuovo, rampante proprietario del ristorante cambia il menù e gli impone di fare un corso di sushi, ha qualche difficoltà (“ma io non sono giapponese…”). Sua figlia, invece, è perfettamente integrata, e la sua unica preoccupazione è che suo padre possa dimenticare la mamma morta, complice forse l’avvenente dirimpettaia Kasia (Aleksandra Domańska), che la bambina spia di nascosto.

Storia di identità e cibo, amore e incomprensione, lavoro e tempi moderni, The Taste of Pho è un piccolo spaccato di vita quotidiana che esprime il conflitto intimo di chi vive lontano dalle proprie radici in modo molto delicato. Diviso tra integrazione e tradizione, il bonario Long si aggrappa ai sapori della sua terra d’origine, ma cucinare pietanze thai o il kebab non basteranno ad allontanarlo da chi veramente è. Lo sguardo di Mariko Bobrik è discreto e originale, inquadra gli oggetti, i corpi oltre i volti, i piatti fumanti. Si segnalano inoltre le belle musiche originali della pianista e compositrice jazz giapponese, di stanza a Berlino, Aki Takase, un tocco di leggerezza che sdrammatizza al momento giusto.

Prodotto dalla società polacca Lava Films e dalla tedesca Rohfilm Productions, in coproduzione con Opus Film (Polonia) e con il supporto di Medienboard Berlin-Brandenburg, Polish Film Institute e Lodz Film Fund, The Taste of Pho è venduto nel mondo da New Europe Film Sales.

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