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TORONTO 2019 Platform

Recensione: Proxima

di 

- La francese Alice Winocour firma un film originale e molto riuscito sull'avventura spaziale attraverso il ritratto di un'astronauta e di sua figlia

Recensione: Proxima
Eva Green e Matt Dillon in Proxima

"Mamma, morirai prima di me?". Che una bambina di otto anni ponga questa domanda non è un fatto particolarmente sorprendente per un genitore, ma quando sua madre è un'astronauta scelta per partecipare a una missione di un anno nello spazio, ossia decollare a bordo di un missile Soyuz per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale ISS, l'interrogativo della bambina risuona con un'acutezza emotiva maggiore. Questa è l'angolazione originale con cui affronta il genere dell’avventura spaziale Proxima [+leggi anche:
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della francese Alice Winocour, che ha avuto la sua prima mondiale nella competizione Platform del 44° Festival di Toronto e che proseguirà con la corsa alla Concha de Oro del 67° Festival di San Sebastian.

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Se il cinema americano ha ripetutamente calpestato il suolo spaziale, spesso a forza di grandi effetti speciali e di eroismo taglia XXL, il suo omologo europeo vi si arrischia raramente, per mancanza di risorse, ambizione o immaginazione. Dotata delle ultime due qualità e naturalmente attratta dalle domande scientifiche come dimostrato dalle sue prime due pellicole (Augustine [+leggi anche:
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con la ricerca di Charcot sull'isteria e Maryland [+leggi anche:
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intervista: Alice Winocour
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con la sindrome post-traumatica da stress, due film scoperti a Cannes nel 2012 e 2015), Alice Winocour ha anche superato gli ostacoli fisici riuscendo a girare Proxima nei locali dell'ESOC (centro di monitoraggio e controllo delle missioni dell'Agenzia spaziale europea) a Darmstadt, a Star City (centro di addestramento russo di astronauti) e al cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan (base di lancio della Soyuz). Un'immersione nella realtà che dà una consistenza molto forte alla trama (la sceneggiatura è scritta dalla regista con la collaborazione di Jean-Stéphane Bron).

"Ho sempre voluto fare l’astronauta". La francese Sarah (Eva Green) è elettrizzata quando viene designata per la missione Proxima al fianco dell'americano Mike (Matt Dillon) e del russo Anton (Aleksey Fateev). Ma bisognerà tagliare gradualmente il cordone con sua figlia Stella (Zélie Boulant-Lemesle), una bambina sensibile con alcune difficoltà a scuola e che dovrà lasciare alle cure di suo padre tedesco, l'astrofisico Thoma (Lars Eidinger) da cui Sarah è separata. Una collega, Wendy (Sandra Hüller), è incaricata di stabilire il collegamento tra madre e figlia durante le settimane di allenamento (molto duro fisicamente e mentalmente) a Star City, e poi di quarantena a Baikonur prima del decollo. Perché non solo Sarah deve farsi valere con i suoi compagni di squadra in un ambiente maschilista, ma deve anche combattere il suo senso di colpa come madre.

Avvincente immersione quasi documentaristica nel cuore degli esercizi di simulazione (centrifuga per sperimentare accelerazioni fino a 9G, salvataggio in immersione in fondo a una gigantesca piscina che riproduce l'assenza di gravità, familiarizzazione con un mondo all'inverso e con strumenti tecnologici estremamente high-tech, monitoraggio medico avanzato, ecc.), Proxima utilizza il filo conduttore "romanzesco" della relazione madre-figlia per creare un film emozionante e visivamente riuscito che è anche una sorta di manifesto femminista, oltre a una dimostrazione di ammirazione a livello umano per una vocazione professionale totalmente non convenzionale ("mi sono allenata per così tanto tempo a lasciare la Terra e ora che è tempo di partire, non mi sono mai sentita così attaccata ad essa").

Prodotto da Dharamsala e Darius Films, Proxima è coprodotto dai tedeschi di Pandora Film, da France 3 Cinéma e da Pathé che guida anche le vendite internazionali.

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(Tradotto dal francese)

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