email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

VENEZIA 2019 Settimana Internazionale della Critica

Recensione: Parthenon

di 

- VENEZIA 2019: Il nuovo film di Mantas Kvedaravičius è il risultato di una vasta ricerca condotta a Odessa, Istanbul e Atene

Recensione: Parthenon
Mehdi Mohammed in Parthenon

Il nuovo lavoro del regista e ricercatore universitario lituano Mantas Kvedaravičius, Parthenon [+leggi anche:
trailer
intervista: Mantas Kvedaravičius
scheda film
]
as, è stato presentato durante la Settimana Internazionale della Critica di quest’anno. I suoi due film precedenti, Barzakh (2011) e Mariupolis [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Mantas Kvedaravicius
scheda film
]
(2016), esplorano con abilità, rispettivamente, i temi dell’onirico e della morte, e delle forme d’arte e dell’arte bellica. Questa volta Kvedaravičius sceglie di concentrare l’attenzione sul corpo e sulla memoria, e questo film è il risultato di una ricerca etnografica durata tre anni e condotta tra Odessa, Istanbul e Atene.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

In un bordello alle pendici di una fortezza ateniese, un uomo del Sudan, Mehdi (Mehdi Mohammed), narra gli straordinari eventi della sua vita. La sua ricerca d’amore e di gloria è raccontata e rivissuta da tre individui: Anna, una prostituta dal passato irredimibile (Hanna Bilobrova); Garip, un gangster curdo tormentato dalla sfortuna (Garip Öezdem); e Sofia, un pittrice di icone senza fede (Rita Burkovska). In una delle storie l’uomo trova i suoi tesori, in un’altra diventa un profeta vagabondo, e in un’altra ancora torna a casa dalla moglie. Sebbene la sua memoria lo tradisca, di certo sa che, in una di queste vite, sarà ucciso.

Il film si presenta come appartenente a un genere ibrido tra finzione e documentario. Trovare le differenze tra le sequenze o le ambientazioni allestite e quelle non è piuttosto difficile, ed è certamente una qualità ammirevole. La separazione sfocata tra finzione e documentario è rafforzata da un cast fantastico composto solo da attori non professionisti, la cui presenza sullo schermo rievoca le esperienze di vita reale che hanno vissuto.

La telecamera segue i soggetti molto da vicino – la stragrande maggioranza delle riprese sono dettagli, primi piani e primi piani estremi – e le ambientazioni sono molto scure e claustrofobiche (principalmente interni). Se da una parte questo potrebbe risultare scomodo e stressante per lo spettatore, dall’altra combacia perfettamente con l’esplorazione del corpo e della memoria in cui si cimenta il regista lituano. Nel complesso la sensazione è che il lavoro sia interamente concepito come un vortice, una sorta di flusso incessante. Cosa che non implica un ritmo veloce: al contrario, la pellicola srotola un approccio osservazionale piuttosto lento, che gradualmente porta lo spettatore a diversi momenti di presa di coscienza. La sensazione di continuità è più che altro trasmessa dalle originali sovrapposizioni operate dal regista dei personaggi, dei luoghi e delle circostanze.

È di sicuro un’opera che merita attenzione, ma la sua qualità estetica atipica e “ostile” sarà probabilmente un grosso ostacolo per la capacità d’attenzione dello spettatore e per far leva sui suoi sentimenti. Coloro che hanno familiarità con (e amano) i generi ibridi, i documentari etnografici e il cinema contemplativo potrebbero trovarlo un’esperienza visiva arricchente e indimenticabile. In questo senso, le scelte autoriali di Kvedaravičius sono coraggiose e lodevoli; registi di questo tipo garantiscono lo sviluppo della sperimentazione cinematografica e ci ricordano – giustamente – che esistono una marea di possibilità narrative inesplorate, oltre a quelle offerte dalle strutture e dai formati prestabiliti, sia di finzione che documentari.

Parthenon è stato prodotto dalla società lituana Studio Uljana Kim, dall’ucraina ESSE Production House, dalla francese Rouge International e dalla Extimacy Films, il gruppo lituano di Kvedaravičius.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese da Gilda Dina)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy