email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2019 Panorama

Recensione: Staff Only

di 

- BERLINO 2019: Il secondo lungometraggio della regista catalana Neus Ballús intreccia abilmente la storia di formazione di una giovane ragazza con il suo intricato contesto post-coloniale

Recensione: Staff Only
Sergi López, Elena Andrada e Diomaye Augustin Ngom in Staff Only

"Non ho assolutamente intenzione di studiare turismo", dice la ragazza di Barcellona Marta, sul punto di compiere 18 anni, di fronte a un gruppo di turisti e a suo padre, Manel, un veterano agente di viaggio. Sono in Senegal, dove Manel deve vedere alcuni hotel, e dove ha deciso di portare Marta e suo fratello minore Bruno. Divorziato dalla madre da anni, sente che è l'occasione perfetta per passare un po' di tempo insieme e fare un po' di "all inclusive".

In Staff Only [+leggi anche:
trailer
intervista: Neus Ballús
scheda film
]
della regista catalana Neus Ballús, proiettato in Panorama alla 69ma Berlinale, Marta (Elena Andrada, molto naturale nel suo primissimo ruolo) non ne vuole sapere di safari soffocanti e spettacoli folcloristici. Si illumina solo quando vede comparire un gruppo di giovani locali, ma viene presto trascinata via per prendere parte ad alcune "tradizionali" pratiche agricole. Bruno si lamenta della "connessione di merda", il resto del gruppo è composto da anziani con grandi pance e/o pessime acconciature, e Manel non concede a Marta nemmeno un mojito. Un giorno, lei sente un'affascinante hip-hop locale risuonare nella sua stanza d'albergo, dove una delle cameriere, Aissatou, si gode un po' di musica sul suo telefono mentre fa le pulizie. Il destino vuole che Aissatou dimentichi il telefono e che Marta lo ritrovi e glielo restituisca, così le due stringono amicizia. Marta conoscerà anche Khouma, un ragazzo che gira piccoli filmati ai turisti da vendere come souvenir. Con due nuovi amici vicini alla sua età e al di fuori dell'area turistica altamente restrittiva, Marta attraversa la soglia dello "staff only" per entrare nel mondo reale.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

E non è il mondo a cui è abituata, il suo agitato padre la mette in guardia. "È il caos: sei bianca. Dobbiamo restare uniti". Ma Marta rifiuta di farsi intimidire. Diserta le nottate al bingo dell'hotel e si immerge nella scena notturna, e prende persino dei soldi di suo padre per comprare una nuova videocamera a Khouma. E, certamente, ne consegue il caos: si pone la questione dell'essere bianchi o neri, e se sia opportuno o meno restare in gruppo, avere paura, e quale sia la scelta giusta.

Il seguito di Ballús al suo docudramma d'esordio, The Plague [+leggi anche:
recensione
trailer
scheda film
]
, assume una struttura narrativa più tradizionale ma include intricati strati che si intrecciano piacevolmente. Fondamentalmente, è una storia di formazione su una giovane quasi-donna e un padre non-proprio-presente che cerca goffamente di mostrare chi comanda (interpretato meravigliosamente da Sergi López, uno dei pochissimi attori professionisti del film). L'ambientazione post-coloniale, con i due diversi lati della recinzione che si guardano reciprocamente con curiosità e frustrazione, si fonde perfettamente con la storia, affrontando i problemi ma anche le possibilità. E nonostante la sua iniziale riluttanza, si spera che qualcuno con l’audacia di Marta si dedichi effettivamente al turismo un giorno.

Staff Only è prodotto dalle spagnole Ikiru Films, El Kinògraf, Turanga Films, La Terraza Films e dalla francese Les Films Hatari. Le vendite internazionali sono affidate a Film Factory Entertainment.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy