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BLACK NIGHTS 2018 Concorso

Recensione: Niña errante

di 

- Presentato nella selezione ufficiale a Tallinn, il road movie di Rubén Mendoza si presenta come un lungo viaggio in una macchina soffocante, il che si rivela una sensazione piuttosto gradita

Recensione: Niña errante
Sofia Paz Jara in Niña errante

Wandering Girl potrebbe iniziare con un funerale, ma nel film del colombiano Rubén Mendoza, proiettato nell’ambito della Selezione ufficiale al Tallinn Black Nights Film Festival, ci vuole del tempo per entrare in lutto, visto che quattro ragazze piangono un uomo che non hanno mai conosciuto davvero: il loro aleatorio padre, affascinante quanto infedele, il cui funerale finalmente le riunisce. Solo Angela, appena adolescente (Sofia Paz Jara), ha alcuni ricordi da condividere, essendo cresciuta con lui dopo la morte della madre durante il parto. All'inizio riluttante, si ritrova presto a bordo di un’auto con le sue sorellastre, dirette a trovare una zia o altrove "in mezzo al nulla". Durante il tragitto, si scambiano storie personali di rimpianti e vecchi amanti, lamentele e meschine gelosie, mentre cresce l'intimità tra di loro.

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Tuttavia, non sono qui i legami familiari che sembrano interessare di più Mendoza, ma –  per quanto inappropriato possa sembrare, dato il clima attuale –  i corpi, poiché passa la maggior parte del tempo a seguire la scoperta di sé di Angela attraverso le donne intorno a lei. E' il motivo per cui la sessualità gioca un ruolo secondario rispetto all'intimità, introdotta solo brevemente come forza minacciosa. L'unico piacere che i corpi sembrano dare è un senso di conforto e accettazione, e le lunghe scene di ragazze che respirano ritmicamente, profondamente addormentate con le gambe intrecciate, non sembrano mai indiscrete. Forse perché il corpo qui è qualcosa in cui lentamente cresci, esplorandolo passo dopo passo come una terra sconosciuta e talvolta ostile.

Con l'aiuto della DoP colombiana Sofía Oggioni, nota anche per il suo lavoro su Los Silencios [+leggi anche:
recensione
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scheda film
]
, Mendoza racconta questa storia in gran parte senza sfruttare il suo soggetto nel senso negativo del termine. Mostrando parti del corpo spesso solo casuali, volti coperti da capelli ribelli e unghie curate in modo imperfetto, dimostra che c'è un posto per la sciocchezza e la gioia nella scoperta di sé, e c'è qualcosa di meraviglioso nel modo in cui le sue protagoniste più grandi non sembrano mai provare imbarazzo riguardo ai propri corpi, prudenti solo quando interagiscono con gli uomini. Questo porta a scambi energici come: "Perché stai fissando le mie tette?", diretto a un meccanico particolarmente sgradevole, "ho i sottotitoli?".

Il ritmo è pacato e sicuramente si adatta alla trama, poiché alla fine, Wandering Girl si presenta come un sogno ad occhi aperti in un'auto calda e soffocante – con una destinazione finale incombente da qualche parte all'orizzonte, ma menzionata solo con esitazione. Il film ha un tocco delicato e, ad eccezione di un evento terribile, parla a voce bassa – proprio come Angela, finalmente circondata da donne e che ci prende poco a poco la mano, prima in segreto e poi con più volontà, incoraggiata dalla loro apertura. "Reggiseni, mutandine, costumi da bagno e altri articoli stereotipati rimandano a un'immagine femminile idealizzata e commerciale a cui i nostri corpi femminili reali e diversi non possono corrispondere", scrisse notoriamente Gloria Steinem. Ma in Wandering Girl, tutte queste cose diventano oggetti di assoluto fascino, indicando ciò che deve ancora venire: il diventare donna.

Scritto e diretto da Rubén Mendoza, Wandering Girl è una coproduzione colombiano-francese guidata da Daniel García, di Día Fragma Fábrica de Películas SAS, e coprodotta da Ciné-Sud Promotion. Il film è supportato da ProImagenes.

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(Tradotto dall'inglese)

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