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LONDRA 2018

Recensione: Sometimes Always Never

di 

- Da uno script di Frank Cottrell-Boyce, Carl Hunter realizza un elegante film d'esordio sul lutto, la famiglia e lo Scarabeo

Recensione: Sometimes Always Never
Bill Nighy in Sometimes Always Never

Il titolo del lungometraggio di debutto di Carl Hunter, Sometimes Always Never [+leggi anche:
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(lett. a volte sempre mai), fa riferimento a come una giacca a tre bottoni dovrebbe essere indossata – a volte allacci il bottone in alto, sempre quello al centro e mai quello in basso. Essendo oggi gli abiti, specialmente quelli a tre pezzi, considerati come capi per occasioni molto speciali, è una regola che molti non conoscono, o non si preoccupano di conoscere. Mentre per alcuni tali distinzioni saranno futili e stravaganti, per altri sono sacrosante, e questa è la linea che divide i personaggi di Sometimes Always Never, presentato al London Film Festival, nella sezione Laugh.

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La compulsione a fare le cose nel modo giusto è una caratteristica del sarto vedovo Alan (Bill Nighy). Il fatto che il mondo non sia sempre dalla sua parte su questo punto lo ha portato a vivere una vita tormentata che lo rende sempre più irascibile. È anche la fonte del grande dolore che il perfetto gentiluomo porta nel suo cuore: prima che inizi l'azione del film, il figlio maggiore se n’è andato in tutta fretta da casa a seguito di una discussione durante una partita di Scarabeo. Da allora non l’ha più visto e si pensa sia morto. Alan doveva proprio essere così pignolo sulle regole?

L’attuale stato mentale di Alan è rappresentato nella prima scena, dove lo vediamo straordinariamente azzimato in piedi sotto un ombrello su una spiaggia battuta dal vento nel nord dell'Inghilterra, che guarda il mare. La posa è così tipica di Nighy che è difficile immaginare un qualsiasi altro attore al posto suo per interpretare questo ruolo.

Il regista Carl Hunter era il bassista del gruppo indie-pop britannico The Farm, ed è lui che si occupava dell’immagine visiva della band, di copertine e poster, mostrando un debole per i colori vivaci, i disegni audaci e rétro. Le canzoni della band parlavano di comunità e fratellanza, quindi non sorprende che la caratteristica più saliente del suo film d'esordio sia la scenografia, dove la realtà aumentata diventa parte della storia. Ci sono parole scritte su spazzolini da denti, proiezioni che fanno da sfondo ai viaggi in auto e fondali dipinti. Ha un tocco di Wes Anderson nel suo stile eccentrico e stravagante, ma qui, tutti i riferimenti sembrano essere british, e della fine degli anni '70 o primi anni '80.

La trama vede Alan e il suo secondo figlio, Peter (Sam Riley), intraprendere un viaggio per cercare di recuperare il loro rapporto compromesso dalle loro rispettive reazioni al lutto familiare condiviso. Sono stati chiamati a riconoscere un corpo, ma mettere la parola fine potrebbe davvero aiutarli? "Non sapere è peggio", viene subito ribattuto da "La speranza è la migliore amica". C'è un senso distorto del tempo e del luogo nella scenografia e nella fotografia di Richard Stoddard, che riflette lo stato mentale di Alan, poiché non è in grado di andare avanti con la sua vita e continua ad essere maniacale sulle cose. La sceneggiatura di Frank Cottrell-Boyce (24 Hour Party People [+leggi anche:
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), con cui Hunter ha collaborato alla sceneggiatura del dramma sociale Grow Your Own (2007), è inferiore all’aspetto visivo e l'enfasi sulla malinconia e l'umorismo va a scapito di una solida narrazione che guidi il film. Ma non importa, perché Sometimes… è un film sulle emozioni, pieno di cuore e compassione, e con molti piaceri in serbo.

Sometimes Always Never è una produzione delle britanniche Hurricane Films e Goldfinch Studios. Le sue vendite internazionali sono curate dalla compagnia canadese Double Dutch International.

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(Tradotto dall'inglese)

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