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ROMA 2016

La verità negata, Rachel Weisz contro il “revisionista” del nazismo

di 

- Diretto da Mick Jackson, il film sul processo che contrappose una studiosa americana allo storico britannico negazionista David Irving è in Selezione ufficiale al festival

La verità negata, Rachel Weisz contro il “revisionista” del nazismo
Rachel Weisz in La verità negata

Si può negare la Shoah? Evidentemente no, tanto che in alcuni Paesi il negazionismo è un reato, eppure esiste una corrente di pensiero antistorica e antiscientifica che contesta l’esistenza dei campi di sterminio nazisti e minimizza il coinvolgimento di Hitler nell’uso delle camere a gas, che servivano tuttalpiù per eliminare i pidocchi. Lo storico britannico della seconda guerra mondiale David Irving era tra i più accaniti “revisionisti” e quando la collega statunitense Deborah Lipstadt nel suo libro ‘Denying the Holocaust: The Growing Assault on Truth and Memory’ lo accusò di aver falsificato le fonti o di averle deliberatamente ignorate, Irving addirittura la citò in giudizio per diffamazione.

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Di quel processo tenutosi a Londra nel 2000 racconta il film La verità negata [+leggi anche:
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diretto da Mick Jackson e scritto da David Hare (The Hours e The Reader [+leggi anche:
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), oggi in Selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma. La professoressa americana, interpretata con grande incisività dalla britannica Rachel Weisz (premio Oscar per The Constant Gardener [+leggi anche:
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), rimane piuttosto interdetta quando scopre che il sistema legale britannico prevede che, nei casi di diffamazione, l'onere della prova spetti all'imputato. Si tratterà dunque di intraprendere una battaglia legale per stabilire che l’Olocausto è una verità storica.

Denial non è un thriller. Se le conclusioni della vicenda sono prevedibili - quale giudice britannico darebbe ragione ad uno studioso che ha affermato che la camera a gas ricostruita ad Auschwitz era “un falso fabbricato dopo la guerra”? - è interessante seguire lo sviluppo dei personaggi che ruotano attorno a questa storia. Irving è interpretato da Timothy Spall, forse la punta di diamante del cinema inglese degli ultimi anni, che ne restituisce lo sguardo spiritato dell’estremista, la spavalda determinatezza, la sfacciataggine nel disconoscere la verità. C’è un momento del processo in cui il giudice (Alex Jennings) si chiede se Irving sia in buona fede e se di conseguenza la sua libertà di espressione vada tutelata. Dall’altra parte, ad affiancare “l’imputata” c’è l’affascinante avvocato Anthony Julius (l’irlandese Andrew Scott, il Paul McCartney nella serie tv della BBC Lennon Naked e il Moriarty della serie Sherlock) che si rifiuta di far testimoniare i sopravvissuti ai campi, e soprattutto il principe del foro Richard Rampton, impersonato da un altro gigante del british cinema, Tom Wilkinson. L’abile avvocato ribalta i ruoli, Irving - che ha incautamente deciso di non farsi assistere da un legale - diventa l’imputato, assieme alle sue teorie su complotti ebraici internazionali.  Rampton dimostra che lo storico ha manipolato i documenti, lo chiama “bent”, disonesto. Alla fine il giudice Charles Gray respingerà le accuse, definendo David Irving un antisemita e negazionista che ha “deliberatamente travisato e mistificato prove storiche”. 

Prodotto dalla britannica Shoebox Films e gli Stati Uniti, il film è venduto all’estero da Cornerstone Films. L’uscita italiana del film sarà il 17 novembre con Cinema, mentre nel Regno Unito è prevista per il 10 febbraio 2017.

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