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VISIONS DU RÉEL 2015

Jumping the Shadows, la redenzione di un “bad boy” dell’East End londinese

di 

- Il film di Steven Blatter e Lorenzo Valmontone dipinge il ritratto poetico e iperrealista di un personaggio incredibilmente umano tra oscurità e luce

Jumping the Shadows, la redenzione di un “bad boy” dell’East End londinese

Il documentario svizzero Jumping The Shadows [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
di Steven Blatter e Lorenzo Valmontone, presentato in prima mondiale all’ultima edizione di Visions du Réel di Nyon nella sezione Helvétiques, mette in scena il percorso difficile e spiazzante di un gangster dell’East End londinese che è stato salvato dal potere mistico della musica. 

Wayne Paul, questo è il suo nome, è stato esposto sin dall’infanzia ad un universo di violenza estrema. Maltrattato dal padre e vittima di un grave problema di balbuzie che gli ha impedito di integrarsi nel difficile tessuto sociale del suo quartiere, Wayne ha dovuto battersi tutta la vita per trovare il suo posto nel mondo e soprattutto per placare i suoi demoni interiori. La sua esistenza cambia però inaspettatamente rotta grazie al potere quasi sciamanico della sua voce, al calore emanato dal groove sensuale delle sue composizioni. Dopo un’adolescenza marcata dalla delinquenza e dalla droga, Wayne Paul riesce ad imporsi nell’universo musicale attraverso il suo charme da gangster-crooner ipnotico e sensibile. Malgrado la sua presenza nell’importante scuderia del label Big Dada di Ninja Tune, i demoni del passato lo fanno però nuovamente ridiscendere agli inferi della droga obbligandolo a piegarsi ad una vita fatta di solitudine e paranoia. Il 2013 marca però la sua rinascita grazie all’uscita del suo album “Between the Lines” prodotto dallo svizzero Christophe Calpini che ha creduto nel suo talento e nella magia redentrice della musica. 

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Jumping The Shadow ricostruisce il percorso di un uomo misterioso, complesso ed incredibilmente umano che riesce a trovare la forza di vivere malgrado le ferite del passato. Steven Blatter e Lorenzo Valmontone ricreano, attraverso le immagini spesso dure del tessuto urbano londinese dell’East End, la complessità di un personaggio a tratti sfuggente, emotivamente tormentato malgrado l’umanità che lo abita. Le testimonianze sincere e spontanee della madre, della moglie o ancora degli amici di Wayne permettono allo spettatore di penetrare nella vita intima del personaggio ma anche e soprattutto di confrontarsi con le difficoltà ( e con le piccoli grandi vittorie) di una società proletaria inglese troppo spesso dimenticata. Jumping the Shadows non vuole essere un documentario sulla perversione dell’industria musicale ma piuttosto un ritratto (iper) realista e profondo di un uomo che è riuscito a suo modo a trovare uno scopo nella vita malgrado le miserie che hanno abitato il suo quotidiano (e che continuano ancora a tormentarlo) e le ferite di un passato ancora troppo recente.

La camera di Blatter e Valmontone segue molto da vicino, con pudore ed eleganza, questo personaggio fragile sull’orlo del baratro. Le numerose inquadrature che mostrano Wayne solo di schiena o allo specchio mettono in evidenza la dualità che lo abita, la lotta costante tra bene e male, tra violenza e tenerezza. Il suo ritratto è piuttosto tracciato dalle testimonianze dei suoi cari, come se il suo essere profondo, forse troppo complesso per essere sondato, fosse in realtà formato dalle immagini-testimonianze spezzettate delle persone che lo circondano e che lo rispettano malgrado gli errori commessi. Jumping the Shadow, grazie anche all’utilizzo consapevole del rallenty, trasforma il percorso di Wayne in una poesia surreale dal retrogusto amaro dove la saggezza coabita con una violenza latente sempre in agguato. Un documentario necessario che nasce dall’urgenza.

Jumping the Shadows è prodotto e venduto nel mondo da Steven Blatter e Lorenzo Valmontone.

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