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CANNES 2013 Concorso

Grigris danza contro tutti

di 

- Un'immersione nel mondo dell'illegalità e nelle notti ciadiane sulle orme di un ragazzo eccezionale scoperto da Mahamat Saleh Haroun

"Soldi, soldi, soldi". A N’Djamena, capitale del Ciad, le banconote sono contate e ricontate con grande attenzione, che siano poche o tante. La tentazione di rubarne alcune è forte quando la povertà è estrema e in gioco c'è la sopravvivenza. In questo ambiente in cui fiorisce l'illegalità, un giovane uomo vi dà pertanto poca importanza. Non che Grisgris sia ricco, il suo patrigno ha un piccolo negozio di sartoria e fotografia in un quartiere con strade piene di buche. Al contrario, avrebbe tutte le ragioni di prendere scorciatoie per sfuggire al suo destino: ha una gamba zoppa. Ma anche una passione e un talento: la danza. 

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Il suo stile più che mai personale, visto il suo handicap, gli vale una certa notorietà locale e la protezione di Moussa, capo di una banda di trafficanti di benzina. Ma quando l'ospedale gli reclama 700 000 franchi CFA (ossia poco più di 1000 euro, una cifra astronomica per la classe popolare ciadiana) per curare il suo patrigno, il ballerino deve fare il salto di qualità ed entrare nel mondo della notte. E' la trama di Grisgris [+leggi anche:
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 di Mahamat Saleh Haroun, presentato in concorso al 66mo Festival de Cannes e produzione delegata francese di Pili Films.

Premio della miglior opera prima nel 1999 a Venezia, dove si aggiudicò il Premio speciale della giuria nel 2006 con Daratt [+leggi anche:
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, passato per la Quinzaine des réalisateurs nel 2005 e Premio della Giuria a Cannes nel 2010 con Un homme qui crie [+leggi anche:
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, il cineasta ciadiano non manca di solidi argomenti cinematografici e molte scene di questa sua nuova opera lo dimostrano. Il mondo della notte, le strade deserte illuminate da luci fioche, i bar dove la musica è frenetica, trafficanti che trascinano a nuoto bidoni di benzina lungo il fiume prima di immergersi nelle viscere della città attraverso le fogne, questo mondo in cui domina il colore rosso e tutto è permesso (anche per i musulmani più ferventi), Mahamat Saleh Haroun lo coglie con grande intensità in uno stile documentario magnificato dall'arte del direttore della fotografia Antoine Héberlé. E la camera segue senza sosta gli spostamenti continui di Grisgris (incarnato da un Souleymane Démé che con carisma regge tutto il film sulle sue spalle), al punto quasi di dimenticare il suo handicap.

Volgendo gradualmente al thriller, il film vede dapprima il suo protagonista non riuscire a entrare nel mondo criminale, poi riuscirvi talmente bene da sottrarre i soldi da una grossa transazione e pagare l'ospedale. Un atto che giura sul Corano di non aver commesso. Ma i gangster della benzina non sono stupidi e lanciano un sicario sulle sue tracce, costringendolo a scappare fuori città con Mimi, la bella prostituta che ama.

Intriso dei codici del thriller per evocare la triste vita quotidiana degli africani delle grandi città, Grisgris oscilla tra realismo affascinante ed elementi di pura finzione un po' meno convincenti, in particolare il trattamento della prostituzione e il finale che volge alla favola ottimista. Ma niente potrà cancellare l'immagine di Souleymane Démé, alias Grisgris, e i suoi incredbili arabeschi elastici che illuminano il cielo dell'Africa.

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(Tradotto dal francese)

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