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FILM / RECENSIONI

Buon anno Sarajevo

di 

- La regista bosniaca Aida Begic torna con un secondo lungometraggio su una generazione intenta a ricostruirsi dopo l'assedio di Sarajevo

Vincitrice di un Gran Premio della Settimana della Critica nel 2008 con Snow [+leggi anche:
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, la regista bosniaca Aida Begic torna con un secondo lungometraggio sulla Sarajevo di oggi e su quella parte della popolazione intenta a ricostruirsi dopo la guerra. Buon anno Sarajevo [+leggi anche:
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intervista: Aida Begić
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(Djeca) fa parte di selezione Un Certain Regard del 65mo Festival di Cannes.

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Rahima (Marija Pikic) e suo fratello Nedim (Ismir Gagula) sono orfani della guerra di Bosnia. Vivono insieme. L'una si occupa dell'altro come può. Ex delinquente, Rahima ha trovato pace nell’Islam mentre Nadim comincia a prendere una brutta piega. Un giorno, il ragazzo litiga con il figlio di un ministro molto influente e per Rahima è l'inizio di una nuova serie di problemi che porteranno alla luce la doppia vita di suo fratello.

Aida Begic ritrae questi sopravvissuti che crescono senza la figura tutelare dei loro genitori, morti durante l'assedio di Sarajevo. Il pericolo della criminalità è ben presente, ma la regista è politicamente impegnata e descrive le proprie vie di fuga, che forse non portano da nessuna parte. Si tratta di tunnel lunghi, neri e difficili da superare. I protagonisti sono sulla strada, ma senza vedere la luce alla fine del tunnel (un'immagine rappresentata sullo schermo). La regista ha l'impressione che il suo popolo viva un presente infinito, incapace di prevedere il futuro per paura o per un senso d'impotenza.

Rahima vive al risparmio economico, ma anche sentimentale. Il personaggio sorride poco. Al ristorante dove lavora, i suoi colleghi potrebbero rappresentare una sorta di famiglia per lei, ma invece si tiene in disparte. In parte perché ha scelto di portare il velo. E' diversa dagli altri e diventa vittima delle loro disciminazioni. Rahima non ha scelta: deve cavarsela da sola e senza mai una gratificazione. Al contrario, le viene ripetuto che si comporta male, che è votata al fallimento, mentre lo spettatore sa fino a che punto lei si dia da fare per sé e per suo fratello di 14 anni. La verità è che Rahima non vive più e in sogno ripercorre il conflitto come se fosse il suo ultimo ricordo.

La regia ha questo lato "guerriero" tipico dei film interamente girati camera a spalla. La camera è spesso dietro il personaggio di Rahima e segue chiaramente il suo percorso piuttosto che quello di suo fratello, di cui non viene mai mostrato il punto di vista. Buon anno Sarajevo è un film semplice e sincero che ad alcuni potrà sembrare un déjà-vu, ma la regista spiega: "Sarò felice il giorno in cui potrò venire qui con un messaggio diverso. Purtroppo, fino a quando la situazione non sarà cambiata, continuerò a descriverla così com'è".

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(Tradotto dal francese)

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