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Ken Loach • Regista

"Il lavoro è sfruttamento, ma c'è un'alternativa"

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Un lungo e caloroso applauso accoglie Ken Loach nella sala delle conferenze stampa della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia , dove il cineasta inglese ha portato It's a Free World... [+leggi anche:
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scheda film
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, dedicato al contraddittorio mondo del lavoro nella Londra multietnica (news).

Loach è accompagnato dallo sceneggiatore Paul Laverty e dall’esordiente Kierston Wareing, protagonista del film nei panni di Angie, una dinamica trentenne che decide assieme all'amica Rose (Juliet Ellis) di aprire un’agenzia di collocamento per immigrati e finisce per sfruttare il lavoro di queste persone provenienti da Est Europa e Asia. "Angie e Rose, si comportano esattamente come vuole la nostra società" spiega il regista, "ossia pensando che si debba ingannare il prossimo, lavorare contro qualcuno non con qualcuno. E questa è un’idea da combattere".

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Angie, che ha sua volta è stata sfruttata e licenziata decine di volte, non cambia idea nemmeno quando la sua vita è minacciata. A molti è parso ancora più scioccante il fatto che sia una donna a non avere scrupoli e che il finale non lasci molte speranze. Un Loach più pessimista? "Non penso di essere diventato pessimista, più che altro realista. Ciò che Angie fa alla fine del film è quello che molta stampa di destra vorrebbe che venga fatto: denunciare i clandestini, i lavoratori illegali. Non è un atteggiamento così straordinario o irreale. Ci sono comunque altri personaggi all’interno della storia che vivono seguendo degli ideali e il film dimostra che vale la pena di combattere per essi".

It's a Free World... passa in rassegna un'umanità sfruttata e senza diritti. Lo sceneggiatore Paul Laverty, ha scelto il punto di vista di Angie dopo un lungo lavoro svolto con un documentario sui portuali di Liverpool, "La storia offriva molti spunti. Abbiamo parlato con molti lavoratori durante la stesura della sceneggiatura e alla fine abbiamo deciso di portare avanti una idea in particolare, attorno a cui la storia avrebbe dovuto girare: la brutalità dello stato di semi-schiavitù in cui molti operai sono costretti a lavorare. E l’abbiamo raccontata con gli occhi di Angie".

Il cinema di impegno civile può aiutare a cambiare le cose? Per Ken Loach un film è solo un film, "non è un movimento politico". Il suo ruolo è "quello di sollevare domande. Abbiamo voluto sfidare la convinzione secondo la quale la spregiudicatezza imprenditoriale è l'unico modo in cui la società può progredire, l’idea che tutto sia merce di scambio, che l’economia debba essere pura competizione, totalmente orientata al marketing e che questo è il modo in cui dovremmo vivere. Invece possiamo dimostrare che un'alternativa c’è". E Loach assicura che l'argomento non verrà abbandonato. Laverty ha già un'idea per un prossimo film. "Si potrebbe osservare cosa succede in Cina tra dieci anni, cosa faranno gli imprenditori indipendenti dopo le Olimpiadi. In Cina ci sono lavoratori schiavizzati, mutilati. Non si deve santificare l’efficienza perché in realtà si tratta solo di sfruttamento".

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