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Fausto Paravidino • Regista

Il caso Paravidino

di 

- Texas, nel suo parlare di cose piccole cerca, per contrasto, di avere una dimensione epica per meglio metterle a fuoco

Ha 29 anni, viene dal teatro ma nascondeva una passione per il cinema. Al festival di Venezia 2005 ha portato il suo Texas [+leggi anche:
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, esordio nella regia cinematografica nella sezione Orizzonti. Hanno creduto in lui il regista Giuseppe Piccioni, il rocker-regista Luciano Ligabue e il produttore Domenico Procacci (Fandango). Nel Basso Piemonte, tra campagna e industrie siderurgiche, si intrecciano le storie di Texas, un racconto corale in cui gli affetti sconvolgono l'ordine delle cose.

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Cineuropa : La tua esperienza di scrittura teatrale ha influito sulla sceneggiatura di Texas?
Fausto Paravidino: Le mie storie che nascono per il teatro difficilmente diventano un'altra cosa, anche se esistono passaggi meravigliosi dal teatro al cinema e viceversa. Ma questa scritta insieme a Carlo Orlando e a Iris Fusetti, ha immediatamente assunto forma cinematografica, perché ci sono tantissimi personaggi e in parte si presenta come un film di paesaggi. E poi è una storia dal montaggio veloce che la rende rigorosamente cinematografica. Dopo il teatro, dovevamo sfogarci. Del resto la prima forma di narrazione che tutti noi vediamo e che ci ispira è quella cinematografica. Tutti ragioniamo per fermo immagine e velocizzazione.

Il titolo allude alla periferia dell'impero...
Il punto di partenza è quella che fino al secondo dopoguerra poteva chiamarsi campagna e che poi si è trasformata nell’aspetto e nell’anima in una sorta di periferia allargata di una qualche ipotetica città. Periferia dell’unanimemente riconosciuta capitale dell’Occidente: New York.
La campagna del Basso Piemonte è da sempre una zona agricola, che ora cerca di somigliare al Texas, con una industrializzazione che nulla c'entra con questa terra. A questi contrasti paesaggistici e al freddo inverno corrispondono le contraddizioni degli esseri umani che qui vivono.

I molti personaggi del film incrociano le loro vite come i fili di una matassa. Hai avuto difficoltà a sviluppare la struttura del film?
Dato che il sogno americano dei nostri Texani del Piemonte ci ricordava tanto il sogno moscovita (o parigino) dei provinciali di Cechov, sempre da Cechov abbiamo cercato di mutuare parte della struttura. Il film è diviso in quattro atti, in cui il primo, che volevamo texano, riprende il quarto (italiano) e fa da cornice, gli altri raccontano la storia di questi personaggi suddivisa in tre distinte giornate raccontate (quasi) in presa diretta.

Infatti il montaggio della prima parte è piuttosto "tarantiniano"...
Perché viviamo in Texas! Abbiamo pensato un procedimento che partisse da una struttura "supercool" e riferita ai nuovi linguaggi, e poi asciugarla e pulirla, riportandola alla realtà. Stesso discorco per il suono, che comincia con un dolby digital, e per la fotografia.

Quali sono i riferimenti stilistici di Texas?
Da Ford a Scorsese, il film è pieno di riferimenti che non coincidono necessariamente con i gusti. Texas, nel suo parlare di cose piccole cerca, per contrasto, di avere una dimensione epica per meglio metterle a fuoco. Se loro credono di essere cowboys noi dobbiamo aiutarli a diventarlo. Per cui i possibili riferimenti sono per definizione spuri e sempre accoppiati: Lost Highways + Amarcord, Goodfellas + L'uomo senza passato, Sentieri selvaggi + L'argent de poche. Il tentativo è quello di fare un intervento simile a quello che fa Hopper con la pittura, fare diventare una pompa di benzina o un bar notturno un grande monumento per il semplice fatto di aver scelto di mettervi una cornice intorno.

Certamente essere attore e sceneggiatore allo stesso tempo aiuta nella scrittura dei personaggi.
Si, eviti di creare personaggi che non vorresti mai recitare. Abbiamo scritto quello che avremmo voluto vedere e creato personaggi che avessero dignità di esseri umani. Non ho utilizzato alcun metodo perché l'attore è una persona, non un concetto assoluto. Non c'è un sistema unico di direzione attoriale. Si lavora su proposte concrete che si materializzano da una parte e dall'altra. Questo va contro una tendenza recitativa che propone di far finta di essere veri, reali come se la cosa a cui tendere fosse questo ipotetico se stesso: sii te stesso! In realtà il personaggio rappresenta qualcosa e quindi è più pulito di una vita vera. Insomma si scambia la credibilità con la ipotonicità.

L'unica battuta politica viene da un bambino di 9 anni.
Si, questi ragazzi non pensano alla politica. Come nella realtà, non c'e una incazzatura vera. C'è il mugugno contro Berlusconi, ci si lamenta, ma nessuno pensa a migliorare la propria vita, nessuno compie un passo avanti. Prima si poteva essere comunisti, ma oggi viviamo nel migliore dei mondi possibili... (ride).

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