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VENEZIA 2021 Fuori concorso

Stefano Mordini • Regista di La scuola cattolica

“Volevo riportare quella storia all’oggi e farla diventare responsabilità di tutti”

di 

- VENEZIA 2021: Il regista ci parla del suo film su un fatto di cronaca nera del 1975, selezionato fuori concorso

Stefano Mordini  • Regista di La scuola cattolica
(© La Biennale di Venezia - Foto ASAC/J. Salvi)

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di Stefano Mordini è stato presentato Fuori Concorso alla 78. Mostra di Venezia, ad un anno di distanza da Lasciami andare [+leggi anche:
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, film di chiusura della precedente edizione della Mostra, sempre firmato dal regista. Adattamento dell’omonimo romanzo di Edoardo Albinati, il film ripercorre uno dei fatti di cronaca nera più drammatici della storia italiana, il delitto del Circeo del 1975, in cui due amiche, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, furono sequestrate e torturate da tre giovani di ambienti neofascisti romani.

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Cineuropa: Nelle note di regia scrivi “ho ascoltato più che guardato ciò che riprendevo, al fianco della macchina da presa piuttosto che dietro”.
Stefano Mordini: Mi riferivo alle riprese delle violenze nella villa del Circeo, lavorando mi sono abbandonato ad un piccolo stato di trance per raccontare quello che sarebbe successo, la nudità, la violenza rimandata. Sono stati vicino ai ragazzi più che alla macchina da presa, abbiamo sperimentato una tensione crescente.  Non sono stato bene, non era facile e nemmeno istruttivo, ho lasciato fluire quei momenti.

Il libro di Albinati parla delle idee politiche distorte di quei ragazzi, che nella realtà erano tre neofascisti, mentre nel film manca il contesto fascista.
Il libro è un punto di partenza. Abbiamo eliminato i riferimenti al fascismo e alla droga perché per noi era importante identificare quel racconto in quello di un maschio che usava e vedeva la donna come un oggetto. In quegli anni il delitto del Circeo generò un dibattito. Lo stesso Pasolini, polemizzando con Italo Calvino, sottolineò che quella violenza non era solo appannaggio della borghesia ma anche dei ragazzi di borgata. Volevamo portare l’attenzione sul tema dell’impunità. Portare quella storia all’oggi e far diventare quella responsabilità una responsabilità di tutti.

Infatti Albinati nel romanzo scrive che nascere maschi è una malattia incurabile.
Sono d’accordo. E la nostra responsabilità come maschi è importante. Albinati scrive che questa storia non è finita. È come Pennywise del romanzo di Stephen King, It, il Male ritorna. La volontà era quella di continuare a parlarle di quello che era accaduto attraverso una storia che la mia generazione conosce molto bene ma in una chiave che potesse portare un nuovo contributo. Di riflettere sul concetto di impunità. C’è un limite che il film dichiara: anche un altro gruppo di ragazzi va al Circeo e davanti a due ragazze che dicono di no trova un limite, gli altri no. Questo film parla anche di questo, della necessità di mostrare quel limite.

Nel film c’è un uso formale del tempo fatto di avanti/indietro continui, puoi spiegare?
Il film è costituito da cellule narrative che non hanno una vera necessità di aprirsi e chiudersi. Usare il tempo passato e il momento della tragedia in modo parallelo era doveroso nei confronti delle vittime, Donatella e Rosaria, per dare loro giustizia, mostrare che è accaduto tutto in un attimo ma che il germe di quel male già c'era.

Che reazioni vi aspettate all’uscita del film?
Spero che il film abbia un impatto sugli spettatori più giovani. La figlia sedicenne di un mio amico ha visto il film ed è rimasta molto colpita. “Non prenderò mai un passaggio da chi non conosco” ha detto al padre. Questo dice molto della deriva di una fiducia riposta nelle mani sbagliate. Ho pensato che, anche solo per questo, qualche reazione l’abbiamo suscitata.

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