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LUSSEMBURGO 2021

Julien Becker • Co-regista di An Zéro – Comment le Luxembourg a disparu

"Ci sono buoni documentari sul nucleare, ma volevamo che lo spettatore del nostro film potesse vedere se stesso"

di 

- Il co-regista di questo film, che immagina l'impatto di un disastro nucleare sull'integrità territoriale e culturale del Lussemburgo, ci racconta i suoi retroscena

Julien Becker • Co-regista di An Zéro – Comment le Luxembourg a disparu

Per la realizzazione di questa docu-fiction tanto originale quanto ricca di contributi scientifici, politici e storici, Julien Becker ha collaborato con Thomas Tomschak e Myriam T. An Zéro [+leggi anche:
recensione
intervista: Julien Becker
scheda film
]
parte da una semlice e chiara osservazione: l’attività della centrale di Cattenom (nel nord-est della Francia) è stata estesa a tempo indeterminato; i cittadini lussemburghesi hanno quindi tutto il diritto di interrogarsi sia sulla sicurezza degli impianti che sui progetti a lungo termine degli operatori. In caso di incidente grave, il Granducato potrebbe infatti essere completamente cancellato dalla mappa: una situazione unica al mondo per un Paese.

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Cineuropa: Ci parli della genesi del progetto. Perché ha scelto di interessarsi a Cattenom, questa centrale nucleare situata in Francia, a 35 km dalla capitale del Lussemburgo?
Julien Becker: Intorno al 2015, lo stato lussemburghese ha distribuito compresse di iodio alle famiglie. È qui che l'idea è germogliata nella mente di Nima Azarmgin: cosa potrebbe succedere in seguito a un grave incidente a questo impianto? Ne ha parlato a un amico e, una cosa tira l’altra, hanno proposto l'idea a Skill Lab. Siamo stati subito entusiasti, soprattutto perché non c'era nessun progetto recente in Lussemburgo su questo argomento. Siamo riusciti a convincere il Film Fund Luxembourg a sostenerci per lo sviluppo del film. Questo ha richiesto un po' di tempo, ma siamo stati in grado di entrare in pre-produzione poco prima del primo lockdown del 2020.

Cosa rappresenta questo luogo nell'immaginario collettivo lussemburghese? E sulla scena politica nazionale?
Negli anni '70 era sul tavolo un progetto di centrale nucleare in territorio lussemburghese, ma incontrò una forte opposizione e fu abbandonato nel 1978. La centrale di Cattenom non è sul territorio nazionale, il Lussemburgo non poteva quindi opporsi alla sua costruzione. C'è un ampio consenso politico sulla questione della chiusura di questo impianto. Il nostro primo ministro ha persino proposto nel 2016 alla sua controparte francese di partecipare finanziariamente alla sua chiusura. L'impianto risale al 1986 e anche se le strutture non sono paragonabili, non sorprende che dopo Chernobyl o Fukushima i lussemburghesi possano vederlo come una potenziale minaccia.

Perché ha voluto trattare l'argomento sotto forma di docu-fiction?
Ci sono degli ottimi documentari sul nucleare. L'argomento spesso implica contenuti fattuali e scientifici. Ma volevamo che lo spettatore del nostro film potesse proiettarsi, mettersi "nei panni di". Quindi era ovvio che avevamo bisogno di personaggi con cui poterci identificare. Il nostro tema è la potenziale scomparsa di un paese e, in ultima analisi, della sua cultura. Le domande poste da questa ipotesi accidentale sono quindi dell'ordine dell'esercizio del pensiero, ma anche molto fortemente legate all'emotività. In questo senso il modello riflessione-proiezione, e quindi la docu-fiction, ci è sembrato del tutto appropriato. 

Nella messa in scena, quali sfide ha rappresentato il passaggio dalla fiction al documentario? Questo tipo di viaggio avanti e indietro non è sempre facile...
La questione era ovviamente centrale, abbiamo scelto un taglio netto per evitare il più possibile ogni confusione tra finzione e realtà. Dovevamo anche adattarci alla situazione sanitaria e optare per una soluzione che ci permettesse di girare le interviste nonostante la pandemia. Siamo lontani dall'essere i primi a sperimentare questo avanti e indietro tra finzione e documentario, non è raro. Quindi posso immaginare che si possa rimanere sorpresi da questa struttura, ma alla fine la sensazione è molto soggettiva.

Ci parli del concetto visivo che circonda gli interventi degli esperti intervistati. Sono accompagnati da animazioni 3D che sembrano riprendere l'estetica del cinema di fantascienza o comunque uno stile tecno-futuristico...
Volevamo una configurazione sobria. Abbiamo fatto alcune ricerche grafiche e abbiamo concordato un approccio minimalista con linee semplici. Per illustrare i temi che ruotano attorno alla scomparsa o alle radiazioni, abbiamo utilizzato effetti glitch, aberrazioni visive che riecheggiano il tema del degrado.

Come ha trovato e scelto gli specialisti intervistati sulla minaccia nucleare?
È stata la mia co-regista, che ha una vasta esperienza in questioni nucleari, che si è presa cura di questa parte. Ha scelto gli interlocutori. Il panel di oratori è piuttosto ampio e copre aree diverse, ma ciò che sorprende è che le discussioni tenutesi sono state in definitiva molto trasversali. Gli esperti non si sono limitati al loro ambito di competenza: hanno parlato liberamente, come cittadini che si proiettano in questa situazione catastrofica.

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(Tradotto dal francese)

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