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SUNDANCE 2021 Concorso World Cinema Dramatic

Ronny Trocker • Regista di Human Factors

"Personalmente, mi piace molto quando un film non può essere letto in un solo modo, ma è anche rischioso"

di 

- Abbiamo parlato con il regista tedesco, il cui secondo lungometraggio è stato presentato in anteprima al Sundance nel concorso World Cinema Dramatic

Ronny Trocker • Regista di Human Factors

Nel suo secondo lungometraggio Human Factors [+leggi anche:
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intervista: Ronny Trocker
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, il regista tedesco Ronny Trocker si concentra su una famiglia apparentemente armoniosa che viene scossa da un evento inaspettato. Questo film audace, che unisce dramma e cronaca nera, è stato presentato in anteprima nella edizione del Festival di Sundance di quest’anno. Il regista ci ha parlato di cosa lo ha ispirato e della concezione estetica del film.

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Cineuropa: Cosa ti ha ispirato a raccontare questa storia?
Ronny Trocker: È iniziato tutto con il mettere in discussione la percezione, in questa nostra epoca del grande consumo dei media e dei social. Volevo esplorare come il modo di percepire il mondo che ci circonda stia cambiando, e concetti come “realtà” e “verità” siano in bilico. Inoltre, volevo mettere in discussione come il grande flusso d’informazioni a cui veniamo esposti ogni giorno influisca su come interagiamo con le nostre relazioni private.

È stato chiaro fin dall’inizio che avresti raccontato la storia in un modo non lineare?
Assolutamente no. Normalmente il domandarsi da che prospettiva andrai a raccontare una storia è uno delle prime decisioni da prendere – e una di quelle più cruciali. Ho sperimentato tanto durante la scrittura e ho scoperto che questa tipo di narrazione, non cronologica e composta da tante prospettive, era la più adatta per accompagnare il mio interesse nel concetto di percezione. Forse è irritante, ma si tratta di una storia di un periodo irritante.

Qual’è stata la concezione estetica che hai voluto seguire per il film?
Abbiamo pensato alla cinepresa quasi come un altro personaggio. Come un osservatore invisibile nella stanza che offre al pubblico una vista privilegiata. Le posizioni e i movimenti della camera sono stati sempre usati in modo da farli anche corrispondere al punto di vista di una persona. Facendo ciò, abbiamo cercato di migliorare l'esperienza delle percezioni soggettive dei personaggi. La cinepresa si concentra principalmente sul personaggio la cui percezione è quella da cui viene raccontata la scena, e visto che la storia non mostra tutto, la camera si comporta nello stesso modo.

Cosa hai voluto esprimere con il titolo del film?
Il “fattore umano” è un valore che mette in discussione l'affidabilità umana, o tiene conto di possibili errori umani. Temperamenti, paure ed emozioni sono parte di esso e quindi sembrava adatto per la nostra storia. Ovviamente è anche un'allusione all'unica prospettiva non umana che svolge un ruolo importante nel film.

Cosa ti ha portato ad aggiungere una seconda location geografica con la casa in Belgio?
La domanda dovrebbe essere fatta al contrario, perché la costa belga, con il suo paesaggio di dominante di cemento, la luce speciale, deserta, fuori stagione, è stata la prima e vera immagine a cui ho pensato per questo film. Per molte persone può essere brutto, ma trovo che questo posto sia poetico e malinconico allo stesso tempo. È anche in qualche modo appropriato allo stato mentale dei nostri personaggi. Tuttavia, per contrastare, mi piace mostrare i personaggi in ambienti diversi. Per questo la storia si muove tra un contesto più intimo e familiare che è la loro casa vacanze in Belgio e il loro ambiente più professionale in Amburgo. I personaggi si comportano diversamente e la distanza tra di loro diventa sempre più visibile nella loro monotona routine quotidiana.

Quali sono state le difficoltà più grandi che hai incontrato durante la realizzazione del film?
Il montaggio è stato la sfida più grande, perché non è stato facile mantenere l'ambiguità e l’apertura della narrativa senza perdere l’interesse dello spettatore. Dovevamo trovare un equilibrio. Volevo fare un film su un malessere contemporaneo. Di conseguenza, il film doveva mettere anche lo spettatore in una posizione scomoda. Questo richiede un certo desiderio di voler essere coinvolti da parte del pubblico.

Personalmente, mi piace molto quando un film non può essere letto in un solo modo, ma è anche rischioso. Abbiamo provato un sacco di cose, e anche la modifica più piccola ha avuto spesso grandi conseguenze sulla sensazione generale del film. Fortunatamente, la nostra editor Julia Drack ha un fantastico senso del ritmo e dell’equilibrio e siamo stati in grado di prendere le decisioni necessarie.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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