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BERLINALE 2020 Panorama

Danilo Caputo • Regista di Semina il vento

"Ho guardato ai registi che hanno esperienza nel riprendere la natura in un modo molto speciale"

di 

- BERLINALE 2020: Abbiamo incontrato Danilo Caputo, regista di Semina il vento, presentato in anteprima mondiale nella sezione Panorama

Danilo Caputo  • Regista di Semina il vento

Abbiamo incontrato il regista italiano Danilo Caputo, il cui film, Semina il vento [+leggi anche:
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, è stato presentato in anteprima mondiale nella sezione Panorama della Berlinale di quest’anno. Protagonista è una giovane donna, che torna in Sud Italia intenzionata a occuparsi di un uliveto di proprietà della sua defunta nonna. A ostacolarla non è solo un’epidemia di Xyllella fastidiosa che sta distruggendo gli alberi, ma anche suo padre, che sta risentendo della crisi finanziaria e non sempre particolarmente ben disposto a salvare quel fazzoletto di terra tanto desiderato dalla figlia.

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Cineuropa: Come ha sviluppato la storia e qual è stata la sua fonte di ispirazione?
Danilo Caputo:
Beh, visto che il mio primo film, La mezza stagione [+leggi anche:
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, si era concluso con uno sguardo piuttosto pessimista, non offrendo alcuna via d’uscita, questa volta desideravo pensare a un’alternativa. Desideravo descrivere un personaggio tenace, che non volesse gettare la spugna. In un certo senso poi mi sono lasciato ispirare anche dalla mitologia. Per esempio, lo scontro tra Nica e suo padre mi ricorda soprattutto di quello tra Kronos e suo padre. Per quanto concerne il contenuto, mi sono lasciato ispirare da fatti realmente accaduti un paio di anni fa. Gli uliveti sulla costa pugliese sono rimasti vittima di un batterio e, in una situazione del genere, non è facile trovare una soluzione. Il metodo più efficace consisterebbe nell’abbattere tutti gli arbusti che si trovano in una certa area, ma i cittadini si oppongono.

Potrebbe descrivermi più nel dettaglio l’area in cui è ambientata la storia?
Abbiamo girato il film nella provincia di Taranto, in Puglia. Tra l’altro io sono originario proprio di lì. Si tratta di una regione con molti problemi, che raramente hanno trovato spazio in una pellicola. Generalmente se ne offre una prospettiva per lo più turistica e idilliaca al cinema. Io volevo essere in grado di mostrare il mio punto di vista.

Come ha incontrato e scelto la protagonista?
I produttori francesi mi hanno consigliato Yile Yara Vianello, una giovane attrice toscana che vive al momento in Francia. Avevo un’idea molto precisa di che tipo di interpretazione desiderassi dal personaggio principale e, durante una ricerca che si è protratta per due anni, trovare la persona giusta si era rivelata una missione impossibile. C’era bisogno di una ragazza calma e naturalmente molto solare, visto che Nica adora la natura, ed era cruciale che l’attrice riuscisse a esprimere questo legame in maniera credibile.

Come ha fatto a girare le scene con le gazze?
In Italia è vietato riprendere delle gazze selvatiche. Pertanto, dovevamo cercarne una addomesticata, che abbiamo poi trovato in Polonia e portato nel Bel Paese. La presenza della gazza era prevista fin dall’inizio in sceneggiatura, poiché desideravo aggiungere un tocco di magia alla pellicola. Ero estasiato dal fatto che fossimo riusciti a realizzare queste riprese senza intoppi fin da subito.

La caverna con la pietra esiste davvero? Qual è la fonte di ispirazione di questa leggenda?
Abbiamo costruito noi la caverna, perché non esiste davvero. Ho trovato l’ispirazione nella mitologia nord europea, che attribuisce un valore decisamente alto alle pietre runiche, ovvero quei blocchi sopravvissuti all’era glaciale. La loro superficie spesso è liscia ed erosa, quindi alcuni credevano che venissero utilizzate per diversi rituali, tra cui figurano anche quelli in cui venivano toccate o sfregate. Sono chiamate anche “pietre delle spose”, perché si crede che le spose vi si sfregassero contro per diventare fertili.

Qual è stata invece la sua fonte di ispirazione per gli aspetti formali dell’opera?
Mi sono lasciato guidare da quei registi che hanno esperienza nel riprendere la natura in un modo molto speciale. Nelle pellicole di Naomi Kawase o Bruno Dumont, ad esempio, la natura ha un ruolo chiave, un’importanza che io avrei voluto darle anche nel mio film.

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(Tradotto dall'inglese da Emanuele Tranchetti)

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