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BERLINALE 2020 Panorama

Sébastien Lifshitz • Regista di Petite fille

"Sasha è un'eroina moderna"

di 

- BERLINALE 2020: Abbiamo parlato con Sébastien Lifshitz, regista del documentario Petite fille, che è stato presentato in anteprima nella sezione Panorama

Sébastien Lifshitz  • Regista di Petite fille
(© Sébastien Lifshitz)

Abbiamo incontrato il regista Sébastien Lifshitz in occasione della prima del suo documentario Petite fille [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Sébastien Lifshitz
scheda film
]
nella sezione Panorama della Berlinale di quest'anno. Il film segue la bambina di nove anni Sasha, una piccola transgender che affronta innumerevoli ostacoli a causa del suo essere diversa. Tuttavia, la bambina, intrappolata nel corpo di un bambino, è abbastanza fortunata da avere il sostegno di una famiglia amorevole e, soprattutto, quello della sua forte e resiliente madre.

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Cineuropa: Come ha conosciuto Sasha?
Sébastien Lifshitz: All'inizio non sapevo come trovare un bambino transgender. Ma poi mi sono reso conto che ci sono molti forum online, in cui i genitori di bambini transgender si scambiano informazioni tra loro, su ogni tipo di argomento. Ho inserito un annuncio e hanno risposto due mamme. Una era in Canada, e una in Francia, che si è rivelata essere la mamma di Sasha. La prima volta ho incontrato la madre da sola, e siamo andati molto d'accordo fin dall'inizio. Poi ho incontrato la famiglia e ho fatto un primo giorno di riprese come prova. Ed è così che tutto è iniziato. Abbiamo accompagnato la famiglia per un anno intero.

La scuola è molto importante nella vita di Sasha e della sua famiglia. Nel film è molto presente, ma non è mai mostrata direttamente. Non è stato possibile ottenere il permesso di girare lì?
Esattamente, non ci è stato permesso. La scuola ha anche cercato di impedirci di fare il film. Abbiamo ricevuto una lettera da un avvocato che diceva che non ci era permesso di menzionare il nome della scuola o di girare lì. La scuola ha cercato di convincere i genitori a non partecipare più al documentario. Penso che alla fine questa situazione abbia aggiunto un aspetto interessante al film. La scuola è il più grande nemico contro cui la famiglia lotta. È come un grande muro impenetrabile e un simbolo di rifiuto.

Pensa che il documentario abbia influenzato la decisione finale della scuola di permettere a Sasha di indossare l’uniforme da ragazza?
Il film in sé non è stato così determinante. Abbiamo invitato i rappresentanti della scuola a parlare con noi, a partecipare alle discussioni che abbiamo organizzato con il medico che seguiva il caso di Sasha. La svolta è stata visibile all'orizzonte solo quando la famiglia ha presentato un certificato medico scritto riguardante la condizione di Sasha e la diagnosi di bambino transgender. Hanno cominciato a capire che se avessero continuato con il loro atteggiamento, avrebbero potuto essere denunciati e accusati di maltrattamenti.

Come descriverebbe il ruolo della madre? Sia lei che i suoi sentimenti occupano gran parte del film.
Penso che i sentimenti di Sasha siano molto evidenti e visibili, soprattutto nelle scene del medico o quando racconta alla madre i suoi sentimenti. È vero che non si esprimono molto con le parole, ma più che altro con le immagini. Il volto di Sasha è uno specchio, estremamente espressivo. E, naturalmente, il film è anche una sorta di ritratto della madre. Parla della sua battaglia e del suo amore incondizionato, una battaglia che tutte le madri combattono. È una sorta di eroina.

Il film ritrae una famiglia che vive in armonia, una famiglia in cui uno capisce l’altro. C'erano anche conflitti che lei ha scelto di non mostrare?
Certo, c'era anche una certa tensione tra loro. Ma in realtà, vivono una vita solida e armoniosa. Credo che, dovendo lottare con il mondo esterno a causa di Sasha, si siano costruiti una fortezza intorno a loro stessi e siano come un gruppo di soldati con una vera solidarietà reciproca.

Pensa che ci sia bisogno di film che parlino di questi temi? Con questo film cosa vorrebbe ottenere?
So che ci sono molti film su argomenti queer, ma non molti parlano di bambini transgender. La gente associa istintivamente il tema al sesso e alla sessualità, il che non è in alcun modo questo caso. Si tratta d’identità e di una lotta che è sempre esistita. Voglio sensibilizzare l'opinione pubblica su questo. Il mio film non tratta solo di un bambino transgender, ma mostra anche persone che non corrispondono alla norma o che sono diverse. Sasha, secondo me, è un'eroina dei giorni nostri.

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(Tradotto dall'inglese da Chantal Gisi)

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