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SAN SEBASTIAN 2019 Fuori concorso

Daniel Sánchez Arévalo • Regista di Diciassette

"Gli animali ci rendono persone migliori"

di 

- Il road movie di Daniel Sánchez Arévalo, Diciassette, è il primo film spagnolo di Netflix che partecipa alla sezione ufficiale di San Sebastián e segna il ritorno alle origini del suo regista

Daniel Sánchez Arévalo  • Regista di Diciassette
(© Txuca Pereira)

Daniel Sánchez Arévalo (Madrid, 1970), che si è dedicato anche ad altri ambiti, come la letteratura, è stato per più di cinque anni senza girare un lungometraggio. Ora torna alla regìa con Diciassette [+leggi anche:
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, che ha per protagonisti nuovi volti e vari animali, e con l’appoggio di Netflix in produzione. La pellicola è stata presentata in anteprima fuori concorso al 67° Festival di San Sebastián.

Cineuropa: Cosa ha significato la partecipazione di Netflix nella produzione di Diciassette?
Daniel Sánchez Arévalo:
Per me questo tipo di piattaforma ha significato l’arrivo di molto lavoro per quanto riguarda il settore audiovisivo dopo una fase complicata: i film si stavano trasformando in prodotti, restringendo l’offerta e la varietà. Con Netflix e gli altri la varietà si è ampliata, poiché necessitano di storie per nutrirsi, dando potere al creatore: nel mio caso, hanno letto lo script, gli è piaciuto molto e mi hanno detto che volevano conservare il mio punto di vista. A livello di produzione, hanno compreso che si trattava di un film piccolo di spirito, ma non necessariamente economico. Così hanno accettato.

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Senza la presenza di Netflix, Diciassette non si sarebbe girato?
Io credo di sì ma non so in quali condizioni. Netflix ha apportato i mezzi e gli strumenti per raccontare bene la storia del film: senza di esso, sarebbe stato un film peggiore.

Come in alcuni suoi film precedenti, ancora oggi ha potuto contare sul supporto del suo produttore di sempre, José Antonio Félez, di Atípica Films.
Félez è il mio compagno di viaggio, il mio socio, il mio fratello maggiore e camminiamo per mano, per questo Netflix ci ha coinvolti entrambi per poter girare il film come lo avevamo concepito. E sono stati molto rispettosi di tutto il processo artistico: hanno suggerito delle cose; alcune le ho accettate e altre no.

Il fim si svolge, la maggior parte del tempo, a bordo di un camper che viaggia attraverso la Cantabria...
Per i personaggi principali, questo veicolo significa qualcosa che ha a che vedere con il passato al quale tendono: quei tempi in cui tutto andava bene ed erano come fratelli. Continua ad essere il mezzo che usano per riconnettere e ricongiungere la loro famiglia disgregata.

Ha sempre detto, da AzulOscuroCasiNegro [+leggi anche:
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, che i suoi film sono come una terapia per lei. Lo è stato anche Diciassette?
Sì per ciò che riguarda il procedimento di fare un film: è nato dalla mia necessità vitale di uscire dalla zona di comfort e situarmi in un altro luogo, reinventarmi e tornare alle origini, come la prima volta. Per questo non ho continuato con lo staff tecnico né con gli attori feticci dei miei film precedenti, per crescere e migliorarmi: utilizzo il cinema per sentire che miglioro come persona.

E gli attori protagonisti poco noti, Biel Montoro e Nacho Sánchez, come li ha conosciuti?
E’ stato un duro lavoro di casting e di amore a prima vista, perché quando ho scoperto a loro due per me era chiarissimo. Quando fai i casting, vedi come gli attori danno forma ed elevano quello che stai scrivendo che è molto emozionante. E quando li ho messi vicini, si sono connessi in modo immediato: inoltre si sono innamorati e si sono protetti durante le riprese come fratelli.

Così come ha selezionato gli attori... ha anche fatto i casting per scegliere i cani che sarebbero comparsi nel film?
Sì. Mi era chiaro che non volevo cani addestrati né viziati, e per il mio impegno e amore nei loro confronti, desideravo mantenere il focus sui protettori degli animali, per la quantità di cani che ci sono che cercano un rifugio, e abbiamo trovato così tutti quelli che appaiono nel film. La complicità che nasce fra il personaggio protagonista e il cane chiamato Oveja (Pecora) la creiamo davvero, improvvisando, e poco a poco sono accadute delle cose e siamo riusciti a far intendere il ragazzino con il cane.

I cani ci rendono persone migliori?
Nel mio caso, sì: io sono una persona migliore grazie ai miei cani. Questa è stata l’origine di questo film: che ha per protagonista un ragazzino arrabbiato con il mondo, scollegato dal suo ambiente, chiuso in sé stesso che attraverso un cagnolino comincia a ricongiungersi alla vita, con le emozioni e le responsabilità, facendolo avere delle illusioni e facendolo fermare un attimo. Per me stare con questi animali, mi ripulisce la mente, sono un buon ansiolitico: quando sono stressato, rincorro o vado a passeggiare con loro e mi sento più protetto.

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(Tradotto dallo spagnolo da Silvia Scarpone)

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