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VENEZIA 2019 Concorso

Pietro Marcello • Regista di Martin Eden

"Ho provato a fare finzione attingendo a tutte le fonti, ma cercando di conservare l'imprevedibilità"

di 

- VENEZIA 2019: Pietro Marcello è in concorso con Martin Eden, ispirato al celebre romanzo di Jack London del 1908

Pietro Marcello  • Regista di Martin Eden
(© La Biennale di Venezia - foto ASAC)

Abbiamo incontrato il regista campano Pietro Marcello, in concorso alla 76ma Mostra di Venezia con Martin Eden [+leggi anche:
recensione
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intervista: Pietro Marcello
scheda film
]
, ispirato al celebre romanzo di Jack London del 1908.

Cineuropa: Chi è il Martin Eden di Pietro Marcello e dello sceneggiatore Maurizio Braucci?
Pietro Marcello: Martin è un ragazzo che diventa uomo e si riscatta attraverso la cultura. E' una storia universale. La sua storia è la storia di tanti di noi. Ho letto il romanzo vent’anni fa, su suggerimento di Maurizio Braucci, ed in seguito abbiamo deciso di sceneggiarlo. E' ovviamente una trasposizione molto libera ambientata a Napoli, non abbiamo la cultura della marineria anglosassone.  Abbiamo letto Martin Eden come un affresco capace di anticipare le perversioni e i tormenti del Novecento. Il rapporto tra individuo e società, il ruolo della cultura di massa, la lotta di classe. Nel film la parabola dell'eroe negativo creato da London si apre con un filmato di repertorio dell'anarchico Errico Malatesta per poi trovare simmetrie nelle vite e nelle opere di alcuni scrittori dannati del XX secolo, da Vladimir Majakovskij a Stig Dagerman a Nora May French.

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Tu vieni dal documentario. Nel film viene utilizzato molto materiale d'archivio.
Ho provato a fare finzione attingendo a tutte le fonti, ma cercando di conservare l'imprevedibilità che mi è cara. Amo lavorare con gli archivi e devo ringraziare Alessia Petitto per i materiali straordinari che ha trovato. Il montaggio per me è il momento più adrenalinico, il repertorio è stato il contrappunto per raccontare la grande Storia. Nel documentario non c'è sceneggiatura, qui invece siamo partiti da 300 cartelle poi via via ridotte. Abbiamo cambiato ambienti e dialoghi. Mi piacerebbe comunque  continuare a fare piccoli documentari, come ho sempre fatto.

Uno dei temi del film è il rapporto che si instaura tra l'artista e l'industria culturale.
Martin è vittima del suo successo, nel momento in cui comincia a pubblicare, simbolicamente il suo veliero affonda. E' la parabola di Jack London come di Michael Jackson o di Fassbinder. Degli artisti che perdono il rapporto con la vita quotidiana. Il tradimento della classe di appartenenza lo rende vittima di quel sistema.

C'è una lettura possibile per i giovani?
Nella società del narcisismo puoi fare qualcosa solo attraverso il linguaggio e la cultura. Con questo film abbiamo cercato di essere diversi, il cinema ha una strada ancora troppo breve e, come diceva Bresson, meglio non avere modelli e cercare di fare qualcosa di differente ma partendo da chi ci ha insegnato qualcosa di giusto.

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