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KARLOVY VARY 2019 Concorso documentari

Yuriy Shylov • Regista di Projectionist

"Ho visto i protagonisti come dinosauri che vivono nel mondo di oggi"

di 

- Abbiamo incontrato il regista Yuriy Shylov per saperne di più sul suo debutto nel lungometraggio, Projectionist, che è stato proiettato nel Concorso documentari del KVIFF

Yuriy Shylov  • Regista di Projectionist

Yuriy Shylov si è laureato in regia a Kiev, presso l’Università nazionale Karpenko-Kary di Teatro, Cinema e Televisione. Il suo primo lungometraggio, Projectionist [+leggi anche:
recensione
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intervista: Yuriy Shylov
scheda film
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, è stato proiettato nel Concorso documentari del Karlovy Vary International Film Festival. Nel 2015 ha realizzato il cortometraggio Weight, nel 2016 il corto documentario Panorama. A Cineuropa ha raccontato del suo film di debutto, che narra la vicenda di Valentine, proiezionista che ha lavorato in uno dei cinema più eleganti di Kiev per 44 anni prima di essere costretto ad andare in pensione.

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Cineuropa: Cosa l’ha portata a realizzare un documentario di approccio osservazionale?
Yuriy Shylov: Il fatto che non mi piace lo “stile intervista”, mi sembra più adatto ai format televisivi. Inoltre, non ho usato musica oltre a quella diegetica, perché mi sembrava troppo cinematografica. Non volevo fornire spiegazioni, ma che la situazione stessa mostrasse qualcosa in grado di suscitare una riflessione.

Andava mai al cinema Panorama, da piccolo?
Sì, la prima volta che ci sono stato avevo cinque anni. Ero insieme a mio fratello e, per quanto possa sembrare strano, quello che più ricordo è di averci dormito durante due film, aspettando che i miei genitori tornassero a prenderci. Poi ho un altro aneddoto, successivo agli anni dell’università: la mia fidanzata di allora lavorava per l’agenzia di casting proprio accanto al cinema, e avevo cominciato a girare un film su quello. Poi ho conosciuto Valentine, il protagonista di Projectionist, e quell’incontro ha segnato una nuova svolta.

Cosa è stato a interessarla, all’inizio: il cinema o il suo proiezionista?
È una domanda difficile. Mi piacevano le persone che avevo trovato dentro al cinema e la sua atmosfera, ma anche i temi racchiusi in quell’ambiente.

Su quali si è concentrato, in particolare? Nel film ci sono molti temi diversi.
Non mi piace molto quando i registi traggono conclusioni riguardo a ciò che volevano dire, ma ho visto quegli uomini come dinosauri trapiantati nel mondo di oggi. Ci ho visto qualcosa che sta morendo, in via d’estinzione; ho trovato personaggi interessanti e un tema universale come quello dell’invecchiamento. Ma, ovviamente, ci sono tanti altri temi.

Lei ha 28 anni, cosa l’ha spinta a girare un film che parla della pensione?
Tra i miei amici ci sono molti pensionati (come i miei genitori e i loro amici, ad esempio) e so come vivono, conosco bene il tipo di problemi che li accomuna. Ho notato che mio padre è più spesso di malumore, in questa fase della sua vita. Il primo film non-fiction che abbia mai visto è quello che mio padre girò a suo padre, prima che morisse. Da bambino, mentre cercavo una videocassetta con un cartone animato, trovai per caso questa ripresa con mio nonno in fin di vita. Perciò penso che il mio film sia stato una specie di terapia.

Il titolo farebbe pensare a un film sul cinema, invece riguarda tutt’altro.
Non volevo fare un semplice film su un proiezionista che non fa che dichiarare il suo amore per il mestiere, come in Nuovo Cinema Paradiso. Penso di aver cercato di mostrare la sua vita, ma in modo insolito: attraverso la proiezione di altre vite. Volevo infrangere le aspettative, perché la cosa più interessante è sorprendere il pubblico.

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(Tradotto dall'inglese da Michela Roasio)

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