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Steve McQueen • Regista di Widows

"Non lo so: cosa sono io? Cerco solo di fare il meglio che posso"

di 

- Mentre il suo quarto film, Widows, raggiunge i cinema di tutta Europa, abbiamo parlato con il regista britannico Steve McQueen sul processo alla base della realizzazione del film

Steve McQueen  • Regista di Widows

Il regista britannico Steve McQueen è diventato il primo regista nero a dirigere un titolo vincitore del premio Oscar per il miglior film, 12 anni schiavo [+leggi anche:
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. Il suo attesissimo nuovo lungometraggio Widows [+leggi anche:
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, attualmente in uscita in diversi paesi in tutta Europa, è un adattamento di una miniserie ITV del 1983 sceneggiata dalla scrittrice crime Lynda La Plante. McQueen spiega il processo alla base della realizzazione di Widows, il suo quarto film, e del perché abbia spostato l'azione da Londra a Chicago.

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Cineuropa: Si ricorda quando vide per la prima volta il programma televisivo originale di ITV Widows?
Steve McQueen:
Vidi Widows in televisione nel 1983 ed è come se parlasse a me, un ragazzino nero di 13 anni a Londra. Quel programma televisivo mi mise in connessione con quelle donne. Sullo schermo c'erano queste quattro signore che venivano giudicate per il loro aspetto, piuttosto che per i loro caratteri, e in quel momento, stavo vivendo la stessa cosa in una scuola di Londra. La mia bussola non era impostata verso la mia destinazione.

E di cosa le parlavano quelle donne?
Ciò che per me è così potente di questa storia è che queste quattro donne di diversa estrazione razziale, sociale e finanziaria si sono unite per raggiungere il loro obiettivo comune.

Che cosa voleva mantenere della serie scritta da Lynda La Plante Widows,e dove invece voleva lasciare la sua impronta come Steve McQueen?
Non lo so: cosa sono io? Cerco solo di fare il meglio che posso, dire una sorta di verità. Ciò che mi interessava erano gli aspetti politici, sociali ed economici del nostro ambiente attuale, e prendere questa finzione e infonderla di quello. Allo stesso tempo, volevo barboni sui sedili, e volevo creare una situazione in cui potessi interagire con le persone con cui stavo girando il film. Per me, non ha senso fare un film su un tema in cui le persone con cui stai girando non sono coinvolte o non vengono a vederlo.

Ha sempre desiderato fare un film di rapina?
L'idea di una storia che è un giro sulle montagne russe era interessante per me. Volevo fare un film di rapina, ma un film di rapina che fosse un costrutto che si può rompere e sovvertire. Volevo farlo, e anche portarmi dietro il pubblico che ha supportato Hunger [+leggi anche:
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e 12 anni schiavo.

Che cosa l’ha portata a decidere di impregnare la storia della rapina con la politica contemporanea?
È solo la cosa ovvia da fare per me. Quando cammini per la strada, le cose vanno avanti; quando vai in un supermercato, le cose accadono dietro il bancone, con questa o quella persona nei corridoi – da dove vengono e cosa sta succedendo loro? Ci sono così tanti elementi politici nel quotidiano. Innamorarsi è politico. Volevo mostrare l'ambiente della rapina, e Chicago è una città dove politica e criminalità sembrano colluse sin dai tempi di Al Capone, e questo è sempre stato interessante per me.

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(Tradotto dall'inglese)

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