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Pierre Salvadori • Regista

"Un film che parla innanzitutto del mio amore per la finzione"

di 

- Intervista con il francese Pierre Salvadori in occasione dell'uscita di En liberté!, una commedia esilarante sul piacere di raccontare, presentata a Cannes e nelle francese sale il 31 ottobre

Pierre Salvadori  • Regista

Dopo aver fatto ridere a crepapelle il pubblico della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2018 e aver vinto il Premio SACD, En liberté! [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Pierre Salvadori
scheda film
]
, il nono lungometraggio di Pierre Salvadori, che riunisce Adèle HaenelPio MarmaïVincent ElbazAudrey TautouDamien Bonnard attorno a situazioni improbabili e un intreccio di storie fantastiche, arriva sugli schermi francesi il 31 ottobre con Memento Films Distribution

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Cineuropa: In En liberté! affronta nuovamente il tema della menzogna. 
Pierre Salvadori:
 Quando Yvonne, il personaggio centrale, scopre che il suo defunto marito non è l’uomo che pensava, non solo nasconde a suo figlio i torti di questo padre che lei descriveva come un santo, ma cerca di ripararli, passando sopra la verità. 

In realtà, in ogni scena i personaggi interpretano qualcosa o una storia che raccontano.
Sì, potrei raccontare il film in un altro modo e dire che la trama è irrilevante, e che parla principalmente del mio amore per la finzione e l'importanza delle storie nelle nostre vite. Quando Audrey Tautou chiede al marito uscito di prigione di inscenare più volte il suo ritorno, ci rendiamo conto che il reale ripetuto può avere più forza di quando lo si vive per la prima volta spontaneamente. Stessa cosa per la scena della rapina: l'ho amplificata attraverso queste guardie di sicurezza che, invece di sorvegliare, si mettono a guardare la rapina nella loro piccola videocamera di sorveglianza come se fosse un film muto. Era un modo per accentuare il piacere, per moltiplicare la scena mostrandola al primo grado, poi una seconda volta.

Attraverso alcuni giochi di sguardi, il film suggerisce anche che tutto dipende dal modo in cui guardiamo le cose.
Vale a dire che a volte siamo così presi dalle nostre paure, o dai nostri amori, che abbiamo difficoltà a vedere il reale, ma la scena di cui parli, quella della confessione dello psicopatico al poliziotto innamorato che guarda dietro invece di ascoltare, è soprattutto il modo che abbiamo trovato, con lo sceneggiatore, di indicare che il film è un falso poliziesco, una storia d'amore, una storia di storie – e poi, questo punto di partenza un po’ teorico ha dato adito a cose molto divertenti.

C'è del vero ottimismo in questa affermazione. Elimina ogni giudizio, anche in relazione al padre corrotto, alla fine...
Esattamente. Il ragazzino crescerà e spetterà a lui fare quello che vuole con la storia che gli è stata raccontata, continuare a vedere suo padre come un eroe o come un simpatico criminale, in ogni caso non un mostro. È molto importante, sì...

Una sorta di livellamento avviene tra i personaggi. I loro percorsi sono in realtà piuttosto simili.
Tutti hanno degli ostacoli (Adele ha il peso della colpa, il personaggio di Pio Marmaï è ostacolato dalla rabbia e dall'idea chimerica che possa recuperare il tempo perduto...) e quindi tutti tendono verso un'emancipazione da sentimenti piuttosto ingombranti (la vendetta, la rabbia, il senso di colpa o la vergogna sono sentimenti basici ma molto potenti), ma ciò che realmente unisce i quattro personaggi è che hanno una vera morale: sono ciò che chiamiamo "brava gente" confrontata con dilemmi abbastanza terribili, ed è proprio questa frizione che crea, almeno qui, la commedia.

Si ride così tanto guardando En liberté!. C'è un momento del film o una battuta che le piace particolarmente?
Qui sono le situazioni che provocano il divertimento, quindi non c'è una battuta divertente in sé, ma c'è stato un momento in cui sono stato abbastanza orgoglioso di me stesso, nella scena del furto. Era piuttosto complicata, tra le maschere, i vocoder che fanno sì che i venditori non capiscano nulla di quello che dicono i rapinatori, il fatto che i personaggi dovevano passare dalla rabbia alla ripicca sentimentale e poi alla riconciliazione, ma a un certo punto, ho sentito che era questo il momento in cui il film doveva dare una spiegazione allo spettatore, più o meno discretamente, e ho pensato a una frase, l'unica che è stata improvvisata durante le riprese, quando Damien dice: "Non era vero, ma è stato bello". Là mi sono detto: è proprio quello che voglio suggerire con questo film, che non è vero, ma spero sia bello.

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(Tradotto dal francese)

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