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TORONTO 2018 Special Presentations

Olivier Masset-Depasse • Regista

"Sono il tipo di regista che prova a creare uno stile cinematografico diverso ogni volta"

di 

- TORONTO 2018: Il belga Olivier Masset-Depasse è tornato a Toronto con il suo terzo lungometraggio, Doppio sospetto, e abbiamo conversato con lui

Olivier Masset-Depasse  • Regista

Il regista belga, Olivier Masset-Depasse, fa ritorno a Toronto con il suo terzo lungometraggio: Doppio sospetto [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Olivier Masset-Depasse
scheda film
]
. Un nostalgico thriller psicologico tutto al femminile ambientato negli anni ‘60, tratto dal romanzo di Barbara Abel, Behind the Hatred. Abbiamo parlato con lui in merito al suo precedente film, le sfide affrontate nel lavorare con due grandi attrici belghe e il potere dell’istinto materno.

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Cineuropa: Lei è conosciuto per sviluppare personaggi femminili molto forti, in cosa differisce Doppio sospetto dai suoi precedenti film?
Olivier Masset-Depasse: Sono il tipo di regista che prova a creare uno stile cinematografico diverso ogni volta, spinto dal desiderio di cambiamento, dal mio carattere scherzoso, ma soprattutto perché so che ho parlato, parlo e parlerò sempre dello stesso argomento: le relazioni familiari, coppie e relazioni padre-figlio. Doppio sospetto appartiene a questo “ciclo tematico continuo”.

Tutti i miei lungometraggi esplorano la tensione negli spazi ristretti, i quali sono automaticamente emblematici. Servono a introdurre una dimensione meta-psicologica, nel senso che tutto quello che vediamo sullo schermo potrebbe essere altrettanto ben indirizzata alla mente (o menti) del nostro(i) personaggio(i). Quindi è come trovarsi direttamente in una dimensione più psichica. In tutte le mie pellicole, fino ad ora, ho giocato tono su tono (affiancare a un soggetto cupo una dimensione cupa). Con Doppio sospetto, ero determinato a sperimentare un’alternanza estetica contrastante. È per questo che ho totalmente cambiato il mio modo di girare: volevo approcciare questi spazi chiusi in modo sensuale e ampio, optando per riprese lunghe e in movimento e guidando maggiormente la gestualità degli attori. Ciò ha richiesto un approccio direttivo poliedrico: avvicinarsi alla psicologia del personaggio e al tempo stesso introdurre del fascino con un tocco di delicatezza e bellezza. Pertanto, questo spazio ristretto necessitava di ampiezza e proporzione. Si doveva vedere il “magnifico mondo degli anni ‘60” crollare e quindi precipitare nell’oscurità.

C’è una profonda nostalgia per alcune fonti d’ispirazione in Doppio sospetto, con alcuni riferimenti espliciti. Perché ha deciso di seguire questa forma estetica?
Il romanzo di Barbara Abel aveva quel nonsoché di hitchcockiano. Dopo un film e una serie TV ben radicata nella realtà sociale, avevo bisogno di rifugiarmi in una nuova forma di cinema, così da rigenerarmi in altri mondi. Non volevo una storia moderna che spingesse il film verso morte e distruzione o tecnologia poliziesca. Volevo che fosse una storia noir, alla Hitchcock, ambientata nella bellezza stravagante degli anni ‘60, giocando molto sull’estetica. Comunque, non si trattava di girare un film “in stile...” anche perché si sarebbe rischiato di trascendere nel pastiche. Era più una questione di sviluppare un esercizio di stile che potesse tracciare “una linea guida sostanziale” per vedere in quale risultato moderno potesse sfociare, con la mia moderna visione in qualità di piccolo regista belga. Continuavo a guardare film di Douglas Sirk, Hitchcock e Lynch prima e mentre giravo. Loro sono dei registi che creano curiosità, che non travolgono con la loro genialità ma che “invitano” a provare: io e la mia troupe ci abbiamo provato...

Come è stato lavorare con due acclamate attrici belghe?
Il film è incentrato sul confronto tra due donne, due madri, due migliori amiche. Alice è mentalmente iperattiva, mentre Céline possiede una forza di volontà incredibilmente grande. Quindi avevo bisogno di due attrici di eccezionale spessore. Come regista belga, sono estremamente orgoglioso di aver avuto l’opportunità di lavorare con due delle migliori attrici del mio paese: Veerle Baetens e Anne Coesens. Si sono lanciate a capofitto nelle loro parti e mi hanno reso molto entusiasta del risultato.

È più difficile fare l’adattamento di un romanzo o l’ha trovato più creativo, invece?
Se adattare un romanzo è più facile di scrivere un copione originale? Sì e no. È vero che non sussiste il problema della pagina bianca quando si lavora a un adattamento.  Avevamo già un quadro narrativo presente con dei personaggi ben sviluppati. Tuttavia, adattare qualcosa veramente bene consiste principalmente nel trasferire efficacemente una storia da un ambiente all’altro. Vale a dire, per avere successo, si deve essere capaci di “tradire” il libro. È una cosa veramente difficile da realizzare. Doppio sospetto nasceva come un libero adattamento, per usare il linguaggio tecnico, perché mi sono distaccato abbastanza dal libro. Ho dovuto imparare la storia di Barbara Abel, così da poterla fare mia. E devo ringraziare nuovamente l’autrice per aver avuto l’intelligenza tale da comprendere.    

Pensa che l’istinto materno possa essere il più terribile tra gli istinti?
Per me, l’istinto materno è come una sorta di super potere. Nel mio ultimo film, Illégal (incentrato sul coraggio di una madre, immigrata clandestina, trattenuta in una prigione belga, che combatte furiosamente per trovare suo figlio, anch’egli “prigioniero”, ma errante). Ho provato a esplorare l’aspetto positivo di questo super potere. Mentre in Doppio sospetto, ho provato ad approfondire questo suo lato oscuro.

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(Tradotto dall'inglese da Carlotta Cutrale)

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