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CANNES 2018 Quinzaine des Réalisateurs

Ognjen Glavonić • Regista di The Load

“I sentieri si tracciano camminando”

di 

- CANNES 2018: Il regista serbo Ognjen Glavonić ci parla del suo primo film di finzione Teret (La Charge), presentato nella sezione Quinzaine des Réalisateurs

Ognjen Glavonić  • Regista di The Load

Il regista serbo Ognjen Glavonić è in competizione nella sezione Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes con il suo primo film, The Load [+leggi anche:
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intervista: Ognjen Glavonić
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, che tratta un crimine perpetrato durante la guerra in Kosovo che analizzò per la prima volta nel suo documentario, Depth Two [+leggi anche:
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, ma in maniera diversa. Glavonić ci parla di come i film sono stati realizzati e come si sono influenzati a vicenda.

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Cineuropa: Perché ha deciso di raccontare questa storia particolare e in due film? Perché è così importante per lei?
Ognjen Glavonić:
Il tema principale di cui mi sto occupando è ancora ovviamente assente nel dibattito pubblico. Non ero solo interessato al tema del crimine e al silenzio che lo circonda, ma anche alla possibilità di raccontare la storia in un modo credo entusiasmante.

Depth Two è venuto fuori da una ricerca che ho fatto per The Load, ed è stato realizzato quando ho pensato che fosse impossibile usare la vasta quantità di materiale che avevo trovato in un film di finzione, perché non vi apparteneva. Infine, Depth Two ha modificato The Load da come l’avevo originariamente immaginato. Ho modificato la sceneggiatura e ho spostato l’attenzione su altre cose, cambiando il contesto per evitare qualsiasi ripetizione. Volevo che fosse un film basato su una riflessione personale, un insieme di ricordi e ricerca che spesso collidono tra di loro.

Ho voluto enfatizzare il significato di una conversazione sulla responsabilità, invece di cercare alibi e dita puntate verso gli “Altri”. Penso che sia necessario per il cinema parlare, come diceva Pasolini, di giovani fascisti, di coloro che lo stavano per diventare – per educarli, istruirli, scuoterli dalle loro delusioni e distruggere la mitomania nazionale. Un film dovrebbe essere uno specchio della società qualunque sia la nostra riflessione.

Questo film è tanto sulla città, il governo e la società in cui sto vivendo quanto su quella in cui sono cresciuto. Ma è anche sulla Jugoslavia e i suoi resti, sulle lezioni che possiamo imparare da questa nazione e dalla sua distruzione, e sul mio diventare adulto e le esperienze durante i bombardamenti della NATO. Questo è un film soprattutto su che tipo di eredità viene lasciata da una generazione a quella successiva. Si tratta di storie che le persone non volvevano raccontare o non erano abbastanza coraggiose per raccontarle. Questo è il primo passo nella giungla del caos e delle bugie, come dice Kafka, i sentieri si tracciano camminando.

Com’è arrivato a questo genere di film, con poca realtà bellica e l’interesse per un personaggio?
Non ho mai pensato The Load come un film bellico e non ho voluto realizzare un film d’azione. Per me, era un dramma intimo e personale, dove si percepiscono le conseguenze della guerra soprattutto per il personaggio principale piuttosto che per quello che c’è intorno a lui. Inoltre doveva essere una storia su di lui che scopre non solo ciò che c’è dietro il furgone, ma attraverso ciò, alcune verità su se stesso come essere umano. 

Volevo che la gente percepisse questo senso di una guerra che viene combattuta nello sfondo e un enorme pericolo che incombe da qualche parte nelle vicinanze. Non volevo centinaia di riprese e diverse angolazioni della videocamera, è stato più importante trascorrere del tempo con il personaggio e il suono del camion, per vedere cosa vede e per sentire cosa sente. Attraverso queste sensazioni, ho voluto mostrare come fosse a quel tempo il mio paese, senza spiegare molto il contesto o dare informazioni, messaggi e tesi. Ho voluto mostrare il metafisico, il viaggio interiore del mio personaggio, ma anche una società in uno specifico momento della sua decadenza.

Come ha scelto Leon Lučev per il ruolo principale?
Ho scelto Leon dopo averlo visto interpretare diversi personaggi in molti grandi film. Abbiamo cominciato a lavorare sul film tre anni prima che iniziassero le riprese, e l’esperienza che ha portato non solo al suo personaggio e al film stesso, ma anche alle riprese effettive, ha dato a me, giovane regista distratto, un senso di sicurezza. Grazie a lui, ho iniziato a credere che forse, alla fine, sarebbe andato tutto bene.

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(Tradotto dall'inglese da Francesca Miriam Chiara Leonardi)

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