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CANNES 2018 ACID

Marta Bergman • Regista

“Una donna che scopre di potersi emancipare da sola”

di 

- CANNES 2018: Abbiamo incontrato Marta Bergman, il cui primo lungometraggio di finzione Seule à mon mariage fa parte quest’anno della sezione ACID

Marta Bergman • Regista
(© Filip Van Roe)

Diplomata all’INSAS, Marta Bergman è conosciuta per i suoi diversi documentari, soprattutto con e sulla comunità rom. Ha realizzato film come Clejani, Heureux Séjour, Un jour mon prince viendra, che segue tre giovani ragazze rumene alla ricerca di un uomo occidentale, e di una vita migliore. Le loro storie hanno gettato le basi per Seule à mon mariage [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Marta Bergman
scheda film
]
, il suo primo lungometraggio di finzione, presentato nella sezione ACID durante il 71esimo Festival di Cannes. Si tratta della storia di una giovane donna che scappa dal suo paese per trovare la propria libertà altrove. 

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Cineuropa: Come ha “conosciuto” il personaggio di Pamela?
Marta Bergman:
Piuttosto è stata Pamela a cercarmi! Pamela è nata da documentari che ho realizzato precedentemente, soprattutto in Romania, e da alcune situazioni in cui mi sono imbattuta. Ho ripensato a queste donne che avevo ripreso e forse partite per prostituirsi, e mi sono chiesta come fossero diventate. Il personaggio di Pamela è nato da questo magma, da queste immagini, questi incontri, queste emozioni.

Per me non è il mio primo lungometraggio, ma è il mio primo lungometraggio di finzione. Non creo nessun confine reale tra documentario e finzione, uno si nutre dell’altro. Nei miei documentari, guardo le persone come dei personaggi e nei miei film di finzione voglio che si esprima una certa verità su di loro. 

Che forma prende alla fine il percorso del personaggio?
La tematica del film è quella di una donna che trova la libertà, che pensa di aver bisogno di un uomo per poterla trovare, ma che in realtà scopre di poterlo fare da sé.

Pamela è combattuta tra la sua femminilità e la sua maternità…
Esattamente questa lotta si manifesta in tutte le sequenze. Sua nonna, la sua comunità sono qualcosa da cui fugge ma di cui ha bisogno. Nel suo paese, Pamela è già stata isolata per la sua diversità. Lei non è come le altre ragazze, non rispetta le regole e si rifiuta di avere il ruolo che gli altri le attribuiscono. E in Belgio certamente si ritrova da sola, ma vuole essere libera, poiché immagina che le donne belghe lo siano.

Bruno e Pamela sono due persone sole che non s’incontreranno davvero mai?
Questa solitudine è ciò che li unisce. Bruno è uomo molto solo e quando Pamela fa irruzione nella sua vita, la vita che conduce lei piano piano cambia la visione di lui. Questa relazione non è un fallimento, ma è una forza che trasforma la vita di entrambi.

La musica ha molto posto nella narrazione…
Abbiamo pensato alla musica prima delle riprese. Mi sono messa in contatto con un compositore rumeno, Vlaicu Golcea, che ha uno stile un po’ electro, ma che è stato anche arrangiatore di una band di zingari. L’abbiamo conosciuto prima del film e ci ha fatto delle prime proposte. Poi dopo aver visto le prime immagini di montaggio, ha rielaborato le proposte electro espresse in partenza. Ci tenevo molto ad avere musiche in stile rom. Sono tornata per registrare alcune parti con un violinista e Vlaicu le ha unite alla sua musica. Questi componimenti musicali esprimono a tutti gli effetti gli stati d’animo e le emozioni di Pamela.

Come ha reagito quando ha saputo di essere stata selezionata per la sezione ACID?
Sono felice, certo, e il fatto che questo film sia nella sezione ACID è davvero fantastico perché accompagnano il film. Hanno tutto un circuito di sale e di distribuzione al di fuori delle sale, per incontrare un altro tipo di pubblico. Inoltre mi piace il fatto che sia una programmazione di cineasti.

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(Tradotto dal francese da Francesca Miriam Chiara Leonardi)

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