email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Paolo Sorrentino • Regista

“È bello andare sul set e farsi sorprendere”

di 

- Cineuropa ha intervistato Paolo Sorrentino, regista e ospite dell’11a edizione del Festival del cinema e della musica di Kustendorf, sul suo percorso professionale

Paolo Sorrentino • Regista
(© Kustendorf Film & Music Festival)

Nel 2014, Paolo Sorrentino era a Kustendorf, il festival creato e organizzato da Emir Kusturica, per parlare di La grande bellezza [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Paolo Sorrentino
scheda film
]
, poche settimane prima di vincere per quel film un Oscar. Quattro anni più tardi, vi è stato nuovamente invitato per ricevere dalle mani di Emir il Premio Tree of Life “per il suo prossimo film” (Loro [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, un lungometraggio su Berlusconi che ha girato l'estate scorsa col suo amico attore Toni Servillo, ma sul quale si mantiene molto discreto), per accompagnare la retrospettiva che l’evento serbo dedica alla sua opera e per tenere, dopo la presentazione del primo episodio della sua serie The Young Pope, una delle masterclass che sono la particolarità del festival.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Fedele a ciò che dice nei suoi libri, da Hanno tutti ragione al suo ultimo, Gli aspetti irrilevanti (citato da Kusturica durante la cerimonia d’apertura), l’ottimo regista italiano rifiuta ogni certezza e continua a solleticare il pubblico a modo suo, sempre tra sfumature, invenzione/sogno e realtà. Cineuropa lo ha intervistato sul suo percorso professionale. 

Cineuropa: Dalla sua prima partecipazione qui, è cambiato come regista? Ha imparato cose nuove?
Paolo Sorrentino: In verità, più vado avanti e meno cose penso di sapere, e di poter insegnare o suggerire. È un po’ strana questa cosa: quando ero più giovane, avevo fatto meno film e avevo un sacco di consigli da dare agli altri. Ora che ne ho fatti di più, non ho nessuna certezza. Con il tempo, si ha più voglia di fare i film, piuttosto che di parlarne. Meglio vivere le cose che parlarne, meglio farle.

Ma non sono cambiato, o non me ne rendo conto, anche perché in realtà, penso che faccio più o meno sempre le stesse cose sin dal primo film. Mi appassiona sempre lo stesso tipo di personaggio, lo stesso tipo di storia. Infatti, nel montaggio dei miei film che Emir ha presentato all’apertura, si vedeva che ci sono cose ricorrenti. Faccio sempre lo stesso film. 

Dato che siamo qui con lei, che raffigura spesso un personaggio in mezzo al sistema, a Kustendorf, un festival che vuole stare fuori dal sistema del cinema: lei che è stato consacrato da quest'ultimo, con l'Oscar, lo trova vincolante per lei, soffocante ?
No, non è soffocante. E gratificante, dà soddisfazione. Non è una cosa che mi mette in difficoltà, anzi è piacevole. Diventa un po’ più difficile forse scegliere i progetti, ecco, perché comunque ci sono delle aspettative da parte della gente – ormai uno piace per delle cose che fa, e quindi se cambia il suo stile, pensa che il film non piacerà... Però devo dire che essere registi affermati è molto meglio di non esserlo!

Durante la masterclass, lei ha parlato della fiducia che deve regnare sul set e che è essenziale anche nel suo rapporto con l’attore principale. Oltre a questo, discute molto del personaggio centrale con l’attore, fate delle prove?
Non tantissimo. Lascio che la sceneggiatura sia il posto dove l’attore capisce quello che deve fare. Mi faccio dire dall’attore quello che ha capito del personaggio, e di solito lo capiscono già dalla sceneggiatura. Se non hanno capito, gli spiego qualche cosa, però in realtà, non spiego tanto. Cerco di creare sul set un’atmosfera in cui l’attore reciterà secondo quello che mi aspetto, più o meno questo.

Per quanto riguarda le prove, non ne faccio quasi mai, solamente quando gli attori me lo chiedono, ma non mi piacciono, perché levano un po’ di freschezza a quello che succederà sul set. Preferisco andare sul set e vedere quello che succede. È bello andare sul set e farsi sorprendere. Secondo me è meglio. I primi anni, non lo facevo. Adesso che conosco meglio il lavoro, lo faccio: vado sul set e cambio delle cose anche in base a quello che succede quel giorno.

E’ sorprendente che lei lasci questo spazio al reale, data la preferenza per l'invenzione in contrasto con il naturalismo di cui parlava l'ultima volta e l'impressione di un regista demiurgo che emerge dai tuoi film?
Controllo comunque quello che si fa sul set, ma non stabilisco tutto da prima. Lascio che il set m’influenzi, insomma. Succede sempre: arrivano delle comparse, ti piace una faccia... A quel punto, comincio a scrivere delle battute per quella comparsa... Mi succede molto spesso, soprattutto nelle scene con molte persone.

E come lavora tra un film e l’altro, quando non è sul set?
Quando non faccio film, non faccio niente. Penso che se non faccio niente, prima o poi, mi verrà una serie di cose che mi serviranno per fare un film. Preferisco non stare a cercare... I film un po’ arrivano, non c’è tanto da cercare. A un certo punto, non si può fare a meno di fare un film: si deve fare quel film, così va a finire.

Kusturica ha detto durante la cerimonia d’apertura che qui al festival, grandi registi incontrano quelli che saranno grandi registi. Che cos’è per lei un "grande" regista?
Per me un grande regista è quello che ha un universo poetico, che ha un mondo poetico al quale fa riferimento. Un mondo completo, o che si completa. E quindi un grande regista è uno che mette a frutto questo mondo poetico almeno in più film, o in un film che sia un capolavoro.

Lei ha citato tre film (8 ½, C’era una volta in America e Taxi Driver), oltre a Viaggio al termine della notte di Céline. Di cos’altro si compone il suo universo poetico?
Non è mai facile rintracciare il mondo poetico di un regista. Si compone di tutto, di tutte le esperienze che ha fatto. Si compone di quello che ha vissuto, dell’infanzia. Secondo me si compone più dell’infanzia, della vita vera, che di cinema o di letteratura.

Che cosa direbbe al giovane Sorrentino?
Che la cosa più difficile è lavorare sul proprio entusiasmo. Non è facile arrivare con lo stesso entusiasmo di quando si è giovani. Bisogna lavorare per averlo.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy