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Alireza Khatami • Regista

“L'immaginazione ci aiuta a navigare nella nostra realtà”

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- VENEZIA 2017: Il filmmaker iraniano Alireza Khatami presenta Los versos del olvido all'Orizzonti di Venezia, dove abbiamo parlato con lui dell'impatto tra la fantasia e la dura realtà

Alireza Khatami  • Regista
(© La Biennale di Venezia - foto ASAC)

Quando dei militari uccidono una giovane donna, l'anziano custode di un obitorio intraprende un viaggio per darle una degna sepoltura, dando il via a una serie di strani incontri. In Los versos del olvido [+leggi anche:
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 di Alireza Khatami, in programma nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia, l'impatto tra la fantasia e la dura realtà – come ha rivelato il regista a Cineuropa – è il nucleo centrale del film.

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Cineuropa: In Los versos del olvido, lei mette insieme realtà ed elementi di fantasia. Eppure, i suoi personaggi non sembrano porsi troppe domande su quello che sta succedendo intorno a loro.
Alireza Khatami: La fantasia è quello che li guida. Al cinema, la “realtà” è sopravvalutata. Nel secolo scorso, tutti i più importanti filosofi hanno sottolineato come la realtà sia accessibile solo attraverso la facoltà dell'immaginazione. Non c'è verità, ma solo percezione. Potremmo dire che la fantasia, proprio come una bussola, ci aiuta a navigare nella nostra realtà. Ci dà l'opportunità di riscoprire tutto in modo nuovo.

Quando ha deciso di prendere questa strada? Lei ha lavorato con Asghar Farhadi, che va in tutt'altra direzione.
Nel cinema di Farhadi, tutto è al servizio della trama. Da lui ho imparato a dirigere gli attori; è un talento in questo. Mi è servito molto per ancorare i personaggi al loro universo, nonostante tutti gli elementi di fantasia. Tuttavia, voglio trovare il mio modo di agire. I grandi maestri che hanno realizzato La sorgente del fiume o Tempi moderni non avevano bisogno di firmare le loro opere, essendo gli unici che avrebbero potuto farle in quel modo. Loro mi hanno ispirato moltissimo.

Per tutti gli elementi magici presenti nel film, si direbbe che lei stia cercando di esorcizzare i suoi demoni; riferendosi proprio a qualcosa che riguarda la sua esperienza.
Se dovessi trovare uno slogan per questo film, sarebbe: “Quando la memoria si ricorda di te”. Il presupposto è che noi abbiamo i nostri ricordi sotto controllo, ma ci sono dei momenti in cui accade il contrario. Derrida, in Il gusto del segreto, parla del segreto che è persino in ciò che ci è sconosciuto. Tutti abbiamo dei fantasmi dal nostro passato; sepolti da qualche parte, dentro di noi. Ogni film è un esorcismo. Ma lasciatemi fare da solo, con i miei demoni. [ride]

È per questo che ha scelto un protagonista maturo?
Se si parla di ricordi, non può esserci un protagonista ventenne. Con un personaggio di 75 anni, ci sono strati e strati di ricordi che si possono far riemergere. La sola persona giovane del film è la ragazza morta dell'obitorio. La giovane è morta, e l'anziano è in lutto. Si rischia sempre molto con le storie semplici, quindi anche se la trama è piuttosto lineare, volevo allontanarmene il più possibile. Questi personaggi, con le loro storie incomplete, a volte taciute, mi hanno dato la possibilità di espandere l'universo del film. Anche del protagonista principale sappiamo molto poco. Non volevo un eroe che parte per un viaggio e, alla fine di questo, ha imparato qualcosa di importante. Non è così semplice. Sono contento di aver lavorato con un cast così straordinario. La maggior parte degli attori avevano solo una scena, eppure sono stati in grado di creare personaggi molto sfaccettati.

Questo tipo di struttura è più frequente in letteratura, mentre al cinema si sente sempre il bisogno di spiegare tutto.
La letteratura è un mezzo più “avanzato”. Prendiamo il mio film. Tutti mi hanno detto: “Wow, è realismo magico!” Ma perché si sorprendono? Gli scrittori facevano questo anni fa. Uno scrittore ha bisogno di carta e penna, al cinema serve tutta l'infrastruttura. Per questa ragione è un mezzo molto più conservativo. Gli scrittori sperimentano molto di più con lo storytelling e aprono la strada ai filmmaker. Vorrei imparare di più da loro e forzare ancora i confini del cinema.

Nel mio film, mi sono ispirato a molti libri. Le balene che legano tutta la storia sono presenti nel folklore, nei miti, nella poesia e persino nelle Sacre Scritture. Giona è stato nel ventre del “grande pesce” per tre giorni, stando al Vangelo secondo Matteo; Rumi considera la balena come simbolo ultimo del desiderio, nella sua poesia, come Herman Melville in Moby Dick. Geppetto trova suo figlio nel ventre di una balena, in Le avventure di Pinocchio. Tutti abbiamo balene che vagano per il nostro passato, tutto sta a trovare il modo di riportarle al mare.

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(Tradotto dall'inglese)

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