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Mart Sander • Regista

“Non abbiamo bisogno di soldi, ma di immaginazione”

di 

- Il regista estone Mart Sander racconta a Cineuropa le reazioni suscitate dal suo film d’esordio, Behind the Random Denominator, proiettato al festival di Haapsalu

Mart Sander  • Regista

Mart Sander è molto conosciuto nella sua Estonia come musicista, artista e presentatore televisivo di programmi come Dancing With the Stars e Pop Idol Estonia. Ora, alla lista di mestieri si aggiunge quella di regista, con il suo lungometraggio d’esordio, Behind the Random Denominator [+leggi anche:
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intervista: Mart Sander
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, recentemente presentato in anteprima mondiale al Festival del cinema horror e fantastico di Haapsalu (HÕFF), in Estonia. La pellicola horror è interpretata dallo stesso Sander, nei panni di un uomo senza nome che, nel corso di una nottata trascorsa in una casa isolata, scopre che la realtà non è esattamente come immagina. Omaggio al cinema horror del passato, la pellicola offre allo spettatore qualche sorpresa e rappresenta un raro caso di film di genere proveniente dalla regione baltica. Cineuropa ha discusso con Sander dell’opera e delle reazioni del suo pubblico.  

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Cineuropa: Ci parli un po’ di sé e delle sue esperienze passate.
Mart Sander:
Mi considero anzitutto un musicista – ho cominciato a studiare musica in giovane età e ho avuto molto successo come cantante e conduttore. Ho iniziato a dirigere dei musical in teatro, e questo mi ha portato a diplomarmi in regia, con un master presso la scuola BFM (Baltic Film and Media School). Se chiedete di me ad una persona qualunque in Estonia, probabilmente vi direbbe che Sander è un personaggio televisivo. Negli ultimi anni, ho ottenuto dei riconoscimenti come scrittore e, nell’ultimo quadriennio, ho pubblicato almeno un romanzo all’anno.

Come è nata l’idea di realizzare il film Behind the Random Denominator?
Inizialmente, l’ho scritto sotto forma di monologo teatrale horror per me stesso, con l’idea di portarlo in tour. Ho avuto la fortuna di essere invitato a un festival di teatro a New York, dove ho presentato lo spettacolo a Broadway, vincendo un premio. Dopo un tour negli Stati Uniti, ho pensato, “ne ho abbastanza di tutto questo, ma si dovrebbe registrare la performance, come ricordo”. Siamo quindi partiti da intenzioni molto umili, poi il progetto si è gradualmente ampliato e, ad un certo punto, abbiamo iniziato le riprese.

Nel film, lei gioca molto con gli stereotipi del cinema horror. Si definisce un appassionato di questo genere?
Assolutamente. Ho probabilmente visto tutti gli horror disponibili, dagli albori di questo genere. Adoro i vecchi film, e malgrado l’horror cambi a ogni generazione, inventando sempre nuove e più resistenti formule, continuo ad amare il modo in cui i cineasti hanno iniziato ad impiegare i cliché per ottenere un certo effetto. Nel mio film, ho utilizzato una moltitudine di questi stereotipi, ma ho cercato di trasformarli in qualcosa di inedito, quindi quando il pubblico pensa “oh, questo trucco l’ho già visto, è stato già usato un milione di volte”, quello è il momento in cui la pellicola lo spiazza con l’esatto contrario di ciò che si aspetta. Amo manipolare lo spettatore.

Cosa può dirci in generale sulla cinematografia di genere nel suo paese? Pensa che il numero così esiguo di questo tipo di film possa aumentare? 
Penso che si possa cambiare. Un buon horror richiede soltanto una buona trama. Il resto può prendere forma nella mente dello spettatore. Se ti manca un’idea originale, puoi accumulare effetti speciali, creature di gomma e un mucchio di interiora, ma l’effetto resterà tiepido. Il motivo per cui i giovani cineasti amano i film horror è semplice: metti una coppia di adolescenti in un bosco, in una cantina, nel deserto, e hai già la buona premessa per un horror. È economico da produrre. Ma una volta che aggiungi una buona e insolita idea, potresti ritrovarti con un’opera inferiore tra le mani. Non c’è bisogno di soldi, ma di immaginazione.  

Come è stato finanziato il film? È stato interamente auto-prodotto?  
Il film è costato pochissimo ed è stato in gran parte auto-finanziato. La troupe si è rivelata molto professionale e motivata, l’opera ha quindi un rispettabile livello di produzione. 

Come ha reagito il pubblico estone al film?
La serata di inaugurazione al festival HÕFF è stata un sogno che diventa realtà: niente è andato storto, è stato proiettato il file corretto, i sottotitoli funzionavano. L’affluenza è stata una grossa sorpresa. Penso che il pubblico sia stato davvero fantastico, reagendo ad ogni dettaglio. Ma non bisogna dimenticare che si trattava di appassionati del genere, che conoscevano le regole del gioco. Uno spettatore “qualunque” potrebbe non cogliere le sottigliezze e trovare il film o molto noioso, o molto sdolcinato, o entrambi.  

Quali sono i suoi prossimi progetti?
Attualmente sto lavorando ad un grande progetto televisivo. Si tratta di una serie drammatica ad ambientazione storica, intitolata The Whores e tratta da un mio romanzo diventato bestseller. È un’epopea in bilico tra guerra, spie e tradimento, prodotta in concomitanza con il centenario della Repubblica estone. Per il progetto, rivesto i ruoli di creatore, sceneggiatore e regista, oltre che di montatore e compositore. Quando dico che questa sarà la serie drammatica più costosa mai prodotta in Estonia, potete ben capire il carico di responsabilità cui sono sottoposto in questo periodo!

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(Tradotto dall'inglese)

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