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Charles Tesson • Delegato generale della Settimana della Critica di Cannes

“Mettere a confronto il documentario e l’animazione con i film di finzione”

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- Charles Tesson, delegato generale della Settimana della Critica di Cannes, commenta la sua selezione 2017

Charles Tesson • Delegato generale della Settimana della Critica di Cannes
(© Aurelie Lamachere)

Charles Tesson, delegato generale della Settimana della Critica (56a edizione dal 18 al 26 maggio in occasione del 70° Festival di Cannes), svela la sua selezione 2017 (leggi l'articolo in francese).

Cineuropa: Come si è svolto il processo di selezione quest’anno? Avete avuto i film che volevate?
Charles Tesson:
Quest’anno c’è stata meno concorrenza, anche se ci sono sempre uno o due film veramente in pole position, ed è normale. Pensavo che gli altri si sarebbero diretti verso alcuni film in particolare, ma tutto sommato non è andata così. Alla fine la ripartizione tra le sezioni del festival si è svolta bene. Questo perché abbiamo gusti comuni, ma anche delle piccole differenze. Quello che non si vede dall’esterno è che quando si fa una selezione, c’è il film che apporta quel tocco in più, quel soggetto nuovo, uno è più contemplativo e lento, l’altro più nervoso… La selezione si fa anche a seconda dell’insieme e, a pari qualità, certi film si integrano meglio di altri.

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Come definireste la selezione del 2017? Se non sbaglio è marcata dall’ingresso in competizione, per la prima volta, di un film d’animazione e di un documentario...
Selezioniamo troppo pochi film per incasellarli, scegliere una commedia, un film di genere, un documentario… Non avevamo un documentario dal 2012 e l’animazione era assente da una proiezione speciale del 2009. Quest’anno abbiamo semplicemente avuto un debole per il film d’animazione Téhéran Tabou [+leggi anche:
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di Ali Soozandeh che è formidabile, e per il documentario Makala [+leggi anche:
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di Emmanuel Gras, che si svolge in Congo. Volevo veramente sostenerli entrambi, confrontarli ai film di finzione, e non relegarli a una proiezione speciale per metterli da parte. Quanto al panorama globale della selezione, mette assieme film che analizzano i mali del mondo di oggi o che anticipano un avvenire piuttosto pessimista, se non apocalittico, con delle opere più direttamente politiche, come Los perros [+leggi anche:
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di Marcela Said su ciò che rimane della dittatura di Pinochet, Une vie violente [+leggi anche:
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di Thierry de Peretti che con grande ambizione fa suo l’argomento dei partiti indipendentisti corsi, o ancora Téhéran Tabou che lotta contro l’ipocrisia sfrenata che il regime iraniano genera. Del resto, non sarà più possibile guardare il cinema iraniano nello stesso modo dopo aver visto questo film.

Quali sono i punti di forza dei film francesi che avete scelto?
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di Léa Mysius è un film bellissimo, allegorico, lirico, un po’ in linea con The Fighters - Addestramento di vita [+leggi anche:
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, ma in modo diverso, sul fatto che i genitori lasciano ai loro figli e ai giovani adulti un mondo sempre più oscuro. Come ho detto, Thierry de Peretti tratta con forza un aspetto politico della storia recente della Francia, con dei giovani che vogliono una sorta di utopia rivoluzionaria per restituire la Corsica alla gente, e che si misurano con il potere. Quanto a Petit Paysan [+leggi anche:
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di Hubert Charuel, parla di una realtà, quella del mondo agricolo di oggi e delle epidemie che stanno decimando le greggi, facendone un vero thriller.

La Settimana della Critica sarà aperta da Sicilian Ghost Story [+leggi anche:
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di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, rappresentanti di un giovane cinema italiano che quest’anno è molto presente.
Il loro precedente film, Salvo [+leggi anche:
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, era in gara nel 2013 e aveva vinto il Grand Prix. Non si può riammettere in gara il film di un regista che ha già vinto il premio più importante, perché l’obiettivo della competizione è quello di dare spazio a nuovi cineasti. Sono molto contento che la Quinzaine des réalisateurs abbia selezionato A Ciambra [+leggi anche:
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di Jonas Carpignano che era passato da noi con Mediterranea [+leggi anche:
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, e abbiamo visto altri bei film italiani che non potevamo selezionare per mancanza di posti. Il cinema italiano è veramente in grande forma! Per Sicilian Ghost Story, non c’erano molte soluzioni: o optare per una proiezione speciale, o per l’apertura. Si dà il caso che il film è un vero salto di qualità e va in una direzione tutta nuova rispetto al precedente, perché mescola thriller, "teen movie", fantastico; è piuttosto impressionante. Ho pensato dunque che offrendogli l’apertura gli avrei dato una bella visibilità; in più negli ultimi quattro anni tutti i film di apertura erano francesi. E siccome tutte le altre sezioni del Festival aprono con dei film francesi, noi saremo i soli a farlo con un film che non lo è.


E i film degli altri paesi europei?
Quest’ anno l’Europa non è molto presente nella competizione, ma lo è di più per quanto riguarda i corti. Per i lungometraggi, ci sono sempre dei paesi che ci regalano dei film davvero di qualità come i paesi nordici. Trovo invece che la vague britannica che fino a qualche anno fa mescolava realismo sociale e thriller, si sia un po’ spenta. Per quanto riguarda la Spagna, forse i giovani cineasti vanno in cerca del mainstream, non saprei. Parlando dell’Europa dell’Est, a parte un film russo voluto da tutti, c’era qualche altro film, ma niente di forte o che lasciasse il segno. Funziona ad alti e bassi: certi paesi riescono ad essere in testa tutti gli anni, altri hanno bisogno di momenti di “riposo” per ripartire. Quest’anno, la Settimana della Critica è piuttosto indirizzata verso l’America Latina, con un film cileno, uno brasiliano e uno venezuelano, dopo un’edizione 2016 che non presentava alcun film latinoamericano. Ma non mi sento obbligato ad attenermi a dei criteri geografici perché con sette film in competizione, non è possibile. Scegliamo i film per altre ragioni, per quello che hanno, per quello che lasciano.

Cosa ne pensa della questione delle piattaforme dopo la questione Netflix?
Chei film siano prodotti e finanziati da Netflix può rivelarsi pericoloso nella misura in cui, se sono disponibili solo on demand, qual è lo statuto e il ruolo del cinema rispetto alle sale e a quello che viene dopo, ad esempio la televisione? Nonostante questo, l’anno scorso avevamo un film singaporiano, A Yellow Bird, che dopo Cannes è circolato in qualche festival, ma faticava a fare vendite. Netflix l'ha comprato quasi un anno dopo e tutto sommato ciò si è rivelato positivo per il film, che alla fine potrà essere visto. Ma questo è un caso diverso. Poi ci sono dei paesi in cui i film non hanno nessuna possibilità di accedere alle sale: è un vero peccato e un potenziale pericolo. Se la vita in sala non esiste, diventa un problema per i festival e il loro obiettivo, quello di valorizzare i film. 

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(Tradotto dal francese da Dalila Minelli)

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