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Etienne Comar • Regista

"Non volevo fare un film biografico"

di 

- BERLINO 2017: Il regista francese Etienne Comar parla di Django, proiettato in apertura di concorso a Berlino

Etienne Comar • Regista
(© Berlinale Goes Kiez)

Circondato dai suoi attori Reda Kateb e Cécile de France, lo sceneggiatore e produttore francese Etienne Comar ha parlato alla stampa internazionale di Django [+leggi anche:
recensione
trailer
Q&A: Etienne Comar
scheda film
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, suo primo lungometraggio da regista, presentato in anteprima mondiale in competizione e in apertura del 67° Festival di Berlino.

Perché ha deciso di utilizzare Django Reinhardt come soggetto del suo primo film da regista?
Etienne Comar: È in primo luogo un virtuoso, un genio del jazz swing, musica di straordinaria vitalità. Mi sono interessato a lui perché sono un suo grande fan fin dalla mia giovinezza. Sono sempre stato molto sensibile alla musica, ne ho fatta anch'io, e ho sempre molto apprezzato la libertà che avevano i musicisti, per la loro capacità di uscire dal mondo in cui viviamo per entrare in uno spazio-tempo che è il loro. E questo periodo della vita di Django Reinhardt non è il più noto: conosciamo soprattutto quello prima della guerra, quando cominciò ad essere celebre con Stéphane Grappelli, con i tour europei e lo swing che era la grande musica d'avanguardia del tempo. Ma ho scoperto che c'erano molto pochi fatti biografici su Django: è stato necessario fare un controllo incrociato di alcuni libri, parlare con la gente, e a questo proposito rivendico completamente il lato fittizio del film. Con Reda Kateb, abbiamo cercato di tracciare il personaggio mantenendo il suo mistero, di costruire una figura con tutte le sue contraddizioni. Mi sono concentrato sul periodo della guerra, perché era quello che volevo raccontare: la capacità dei musicisti in un periodo storico molto complesso di essere nel loro mondo, fino al punto di non vedere a volte pienamente ciò che li circonda. Poiché non volevo fare un film biografico, ho scoperto che concentrarsi solo su due anni permetteva di dire molto circa l'impegno degli artisti attraverso la loro passione, la loro arte. Lo vediamo con Django che è un personaggio lacerato. Non è un eroe. Cerca tuttavia di vivere la sua musica in questi tempi difficili, ma alla fine, il requiem che fa sarà la sua risposta artistica ed è questo che mi ha toccato.

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È un film politico che parla anche del contesto mondiale attuale?
Dopo aver scelto questo periodo, ho capito che c'erano molte corrispondenze con l'epoca contemporanea: i rifugiati, la libera circolazione, la posizione degli artisti, la decisione di suonare o meno davanti a un certo tipo di pubblico se non si approvavano le loro idee... la musica è anche l'essenza stessa dell'esistenza dei gitani, una popolazione che ha vissuto tante tragedie nel corso della storia, che è stata sempre costretta a spostarsi, a cambiare Paese. Ed è chiaro che ogni volta che un regime totalitario o terrorista si prende le sue libertà, attacca la musica. Non per niente nel film la propaganda nazista attacca l'incrocio di razze che ci può essere nella musica e cerca di mettere delle regole nel jazz, che è per sua natura una musica che necessita libertà. 

Che dire della musica, in particolare del requiem?
La musica di Django suonata nel film è stata registrata prima dell'inizio del film dal Trio Rosenberg. Sono attualmente, insieme con Biréli Lagrene, i maggiori esponenti di questo tipo di musica. Era quindi molto importante per l'energia del film che Reda Kateb fosse circondato durante le riprese da veri musicisti che non fossero attori, e ciò ha guidato tutto il cast. Infine, per quanto riguarda il requiem, Django l'ha suonato subito dopo la guerra, ma non è mai stato ritrascritto, tranne le prime misure d'organo. Ho trovato molto interessante chiedere a un vero musicista di ispirarsi a queste note per comporre la propria visione di ciò sarebbe potuto essere il requiem di Django. Ho incontrato Warren Ellis che viene dal mondo del rock e suona in particolare con Nick Cave e i Bad Seeds. Non è un musicista incline naturalmente a comporre una sinfonia, un po' come Django all'epoca che veniva dal jazz. L'unica cosa che sapevamo era che il requiem era stato composto per organo, cori e archi, e questi sono i tre parametri che ho dato a Warren. Il testo, che è in rumeno, è un canto un po' "lacrima" perché Django era un amante della musica sacra, un grande ammiratore di Bach, per esempio.

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(Tradotto dal francese)

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