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Erik Poppe • Regista

“Penso che ai giorni nostri avremmo un grande bisogno di leader come Haakon VII”

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- BERLINO 2017: Abbiamo incontrato il norvegese Erik Poppe, regista di The King’s Choice, proiettato nella sezione Panorama della Berlinale

Erik Poppe • Regista

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 è un lungometraggio prodotto da Paradox Film che ha registrato il maggior numero di incassi in Norvegia l’anno scorso. Non continuerà la sua corsa agli Oscar, ma partecipa alla Berlinale 2017 nella sezione Panorama. Questo film è un capolavoro del regista norvegese Erik Poppe, già presente a Berlino nel 1999 con Schpaa. The King’s Choice, tratto da un libro di Alf R. Jacobsen, rievoca i tre giorni decisivi che hanno dato il via ai primi scontri tra la Norvegia e le forze naziste. Haakon VII, re di Norvegia dal 1905, riceve dal popolo tedesco una proposta che si rivela, poi, essere un vero e proprio ultimatum. È spinto ad abdicare. Arrendersi o meno: questo è il duro dilemma.

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Cineuropa: Questo episodio determinante per la storia norvegese ha luogo nel 1940.
Erik Poppe: Sì, tutto ciò ha inizio il 9 aprile e mi domando come reagirà il pubblico tedesco a questa rievocazione del passato.

Si tratta di una storia ricca, complessa…
Sì, ma mi sono limitato alle necessità del racconto. Certamente osserviamo il re da vicino nel corso degli eventi, ma desideravo anche trovare un equilibrio, presentare un’altra prospettiva, un punto di vista parallelo in grado di controbilanciare. Mi sono quindi interessato all’ambasciatore tedesco, Kurt Bräuer, che cerca disperatamente di evitare la guerra. Quest’ultimo entra in conflitto con Birger Eriksen, il colonnello norvegese che dirige le operazioni militari e noi siamo gli spettatori di questo confronto tra un militare e un diplomatico.

I dettagli descrittivi sono molto precisi.
Contribuiscono alla veridicità della storia, allo sviluppo credibile del racconto e della suspense. Abbiamo quindi fatto delle ricerche, svolto delle indagini. Mi sono informato presso molti testimoni oculari. Alcuni di loro sono piuttosto anziani, ma le loro testimonianze sono state veramente preziose. Peraltro, ho scelto di ricorrere agli storici che erano critici nei confronti del nostro progetto: hanno potuto leggere la trama, assistere alle riprese, verificare a modo loro. Allo stesso modo, ho voluto riprendere negli stessi luoghi dove gli eventi si erano svolti e, nei limiti del possibile, con gli stessi oggetti e accessori dell’epoca. Per esempio, abbiamo potuto girare a Skaugum, la residenza del principe erede, delle scene di neve, filmate, come per il resto del film, dal direttore della fotografia John Christian Rosenlund.

The King’s Choice, è anche un dramma personale.
Esatto, è la storia di un padre e di un figlio, di una famiglia costretta a fuggire. Ho utilizzato diverse fonti e ho avuto la fortuna di incontrare più volte la principessa Astrid, nipote di Haakin, sorella di Harald, l’attuale re di Norvegia. Nel film, possiamo vederli entrambi bambini. Rievocare il passato l’ha commossa molto. È stata lei ad aiutarmi a completare alcuni tratti del carattere e alcuni comportamenti di Haakon. La sua testimonianza mi è stata particolarmente utile per le scene dove vediamo Haakon e suo figlio, il principe erede, Olav, interpretato da Anders Baasmo Christiansen, discutere del ruolo e della missione di un re, tutte scene che mettono in evidenza delle concezioni ben diverse.

Non ha cercato di pompare o abbellire la storia?
Non ho messo l’accento solo sui lati positivi dei personaggi. Non volevo assolutamente fare di un re un supereroe, ma volevo proporne un ritratto un po’ sfumato, senza compiacenza. Infatti, non ho nascosto le mie intenzioni alla famiglia reale. È così che scopriamo che Maud, sposa di Haakon, deceduta un anno e mezzo prima dell’inizio della guerra, era una donna alquanto fredda e indifferente. Sempre per amore della verità storica, ho anche incontrato i figli e i nipoti dei combattenti e dei popoli locali. La maggior parte di loro ci tenevano a essere delle comparse e mi è sembrato così toccante vederli impegnarsi nelle riprese. Il film deve molto a queste persone e penso anche che gli appartiene, a loro come a tutta la troupe e a me stesso.

Haakon si trova di fronte a una scelta impossibile. Si tratta di una scelta politica?
In teoria non riveste nessun ruolo politico ma il governo norvegese tergiversa e finisce per dimostrarsi impotente. Le istituzioni si degradano poco a poco intorno al re, si dissolvono. Haakon si ritrova quindi da solo. È di fronte a un dilemma, a una questione di coscienza: se si arrende delle vite umane saranno risparmiate, ma la Norvegia dovrà subire l’occupazione nazista. Il mio film è anche la storia di un capo di fronte alle sue responsabilità.

Possiamo creare un parallelismo con il nostro mondo contemporaneo?
Alla luce di quello che vediamo intorno a noi, la Brexit, il governo negli Stati Uniti, l’aumento del populismo, penso che ai giorni nostri avremmo un grande bisogno di leader come Haakon VII: preoccupato di preservare la democrazia a scapito della sua vita, Haakon è stato un re per il quale l’onore e il senso del dovere non erano solo delle parole vane. Una magnifica abnegazione… un aspetto del film che ha commosso parecchi spettatori.

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(Tradotto dal francese)

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