Nely Reguera • Regista
“Mi piace ridere di me stessa”
- SAN SEBASTIÁN 2016: La cineasta catalana Nely Reguera debutta nel lungometraggio con María (y los demás), una commedia drammatica con protagonista una superba Bárbara Lennie
La barcellonese Nely Reguera ha studiato regia alla ESCAC – dove ora insegna –, ha lavorato al fianco di Mar Coll e collabora attivamente al lodevole progetto divulgativo di cinema per bambini Cine en curso. Prima del suo primo film da regista, María (y los demás) [+leggi anche:
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intervista: Nely Reguera
scheda film], presentato nella sezione Nuovi Registi del 64º Festival di San Sebastián, aveva girato un corto (Pablo) premiato, e un documentario sul disastro del naufragio del Prestige (Muxía a ferida).
Cineuropa: Contenta per come è stato accolto il suo film alle prime proiezioni, con il pubblico che rideva in sala?
Nely Reguera: Sono molto felice, anche se il film non è fatto per ridere tutto il tempo. Temevo che non succedesse, che non ridessero. Io vedo il film e rido molto: spero che la gente entri in connessione con questo umorismo e con il personaggio centrale.
Anche perché la María del titolo, interpretata da Bárbara Lennie, ha un carattere particolare, e anche il tono del film è speciale.
Il tono l’ho avuto chiaro fin dall’inizio: la storia è un piccolo dramma che bisognava raccontare con umorismo, e facendo attenzione, perché se drammatizzavamo, rendevamo pesante il tutto. Nello scrivere la sceneggiatura, avevamo ben presente questo: quando la situazione diventava un po’ drammatica, cercavamo altro per alleggerire e dare una svolta; nella messa in scena e con gli attori è stato lo stesso: sempre a sdrammatizzare.
Per digerire meglio ciò che accade a questa ragazza...?
Sì, perché alla fine la vita è così, con momenti di cambiamento e senza continuità, perché nessuno ti avverte: sei molto felice e, all’improvviso, tutto peggiora. A me piace molto questo tono: che si possa ridere un po’ di se stessi. Mi piacciono quei film che ti permettono di ridere di e con il personaggio.
Quanto c’è di Nely Reguera nel personaggio di María?
Molte cose mie e del mio ambiente. Però è bello quando i personaggi crescono, diventano autonomi e prendono distanza: poi vanno da soli; così vedi le cose in modo diverso. Il film nasce dalla voglia di parlare di una donna che arriva a un’età in cui la società si aspetta che tu abbia realizzato un serie di cose, ma tu non ne hai realizzata nessuna e ti chiedi: che cosa mi succede? Però vedi che attorno a te, l’80% della gente sta nella stessa situazione. Anche se il caso di María è estremo: ci si chiedeva perché nella vita abbiamo tante pressioni.
Queste pressioni a volte vengono da fuori, ma anche da se stessi…
Assolutamente. Inoltre, ci sono cose che non ci siamo chiesti se le vogliamo o no, eppure la frustrazione per non avercele c’è già: è una cosa assurda che capita anche al personaggio, che non si ferma a pensare con tranquillità che cosa vuole veramente. Quando ho deciso di fare il ritratto di María, è venuta poi la sua famiglia, poiché l’universo familiare dice molto di una persona: non conosci davvero una persona se non la vedi relazionarsi con i suoi, per questo hanno tanto peso nel film.
(Tradotto dallo spagnolo)
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